Cario Cafiero Dossier Cafiero www.liberliber.it Questo e-book é stato realizzato anche grazie al so- stegno di: E-text Web design, Editoria, Multimedia (pubblica il tuo libro, o crea il tuo sito con E-text!) http://www. e-text. it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Dossier Cafiero AUTORE: Cafiero, Cario TRADUTTORE : CURATORE: Maffei, Gian Cario NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: DIRITTI D' AUTORE: no LICENZA: questo testo é distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http : / /www . liberliber . it/libri/licenze/ TRATTO DA: Dossier Cafiero / a cura di Gian Cario Maffei ; con una presentazione di Pier Cario Masini. - Bergamo : Biblioteca M. Nettlau, stampa 1972. - 68 p . ; 22 cm . CODICE ISBN FONTE: non disponibile la EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 maggio 2012 INDICE DI AFFIDABILITA ' : 1 0: affidabilitá bassa 2 1: affidabilitá media 2: affidabilitá buona 3: affidabilitá ottima DIGITALIZZAZIONE: Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it REVISIONE: Paolo Oliva, paulinduliva@yahoo.it IMPAGINAZIONE: Paolo Alberti, paoloalberti@iol.it PUBBLICAZIONE: Catia Righi, catia righi@tin.it Informazioni sul "progetto Manuzio" II "progetto Manuzio" é una iniziativa dell ' associa- zione cultúrale Liber Liber. Aperto a chiunque vo- glia collaborare, si pone come scopo la pubblicazio- ne e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. Ulteriori informazioni sonó di- sponibili sul sito Internet: http : / /www . liber liber . it/ Aiuta anche tu il "progetto Manuzio" Se questo "libro elettronico" é stato di tuo gradi- mento, o se condividi le finalitá del "progetto Ma- nuzio", invia una donazione a Liber Liber. II tuo sostegno ci aiuterá a far crescere ulteriormente la nostra biblioteca. Qui le istruzioni: http : / /www . liber liber . it/aiuta/ 3 Indice genérale PRESENTAZIONE 6 INTRODUZIONE 23 DAL MANOSCRITTO "RIVOLUZIONE": ANARCHIAE COMUNISMO.... 4 5 DAL MANOSCRITTO "RIVOLUZIONE": LA PROPAGANDA DEL FATTO 81 DAI QUADERNI "DE OMNIBUS REBUS" 90 I. Dialogo fra Crepafame e Succhiasangue 91 II. Lettera alia redazione del giornale Libertas 95 III. Lettera alia redazione del giornale II Moto 97 INDICE 102 4 DOSSIER CAFIERO A CURA DI GIAN CARLO MAFFEI CON UNA PRESENTAZIONE DI PIER CARLO MASINI Bergamo Biblioteca "Max Nettlau" editrice Nessun diritto riservato La ristampa e la traduzione sonó libere 5 PRESENTAZIONE So di non correré il rischio dell'esagerazione, affer- mando che la scoperta fatta da Gian Cario Maffei - con il ritrovamento al Bundesarchiv di Berna del manoscrit- to «sulla rivoluzione» di Cario Cqfiero - apre una nuo- va fase degli studi intorno alia personalitá e al pensiero del rivoluzionario pugliese. La storia della fortuna o per meglio diré della sfortu- na del saggio di Cqfiero é tutta da raccontare. Pubblicato a púntate nel 1881 su La Révolution So- ciale di Saint Cloud, un giornale che veniva segreta- mente sussidiato dalla polizia a fini di provocazione 1 , il 1 La Révolution Sociale (Saint Cloud), n. del 20 e 27 febbraio, 6, 13, 27 marzo, 3, 10, 17, 24 aprile, 1, 8, 29 maggio, 6, 12, 19 giugno, 31 luglio 1881. I retroscena della pubblicazione di questo giornale furono rive- lati pochi anni piú tardi da L. Andrieux (Souvenirs d'un Préfet de Pólice. Paris, Rouff et Cié éditeurs, 1885) che riuscí a infiltrare il suo agente Serreaux nelle file degli anarchici e a fargli prendere in mano la direzione del giornale grazie ai finanziamenti che ne consentirono la pubblicazione. Egli riuscí a perfezionare la provo- cazione fino a far commettere, su sua ordinazione, un attentato alia statua di Thiers a Saint-Germain. II giornale si distingueva per il contenuto assai truculento della collaborazione e al tempo stesso per l'esibizione del nome e cognome di collaboratori, corri- spondenti etc. Andrieux scriverá che «daré un giornale agli anar- 6 saggio non fu completato perché il giornale sospese le pubblicazioni in seguito alia fuga dell'amministratore (e agente provocatore) con la cassa e perché quasi con- temporáneamente, nel setiembre 1881, al Cafiero arre- stato a Lugano venivano seques trate tutte le carie, com- preso il manoscritto del saggio. Si deve a quest 'ultima circostanza se il manoscritto é giunto fino a noi, dopo esser rimasto sepolto per novanta anni nel dossier Ca- fiero degli archivi federali svizzeri. Dopo l'arresto di Lugano comincia per Cafiero il de- clino físico e psichico che lo portera, dopo molte pere- grinazioni, al manicomio (1883) e alia morte (1892), senza che egli possa piü tornare ad applicarsi al suo la- voro. Nel 1897 Max Nettlau nella sua fondamentale Biblio- graphie de l'anarchie segnalava fia gli scritti del Cafie- chici era come piazzare un telefono fra la stanza delle cospirazio- ni e l'ufficio del prefetto di polizia». Cario Cafiero non fu il solo a cadere nella trappola. Altri, assai piú vicini di lui alia sede del giornale, come Louise Michel si fi- darono a tal punto di Serreaux (che poi era un belga di nome Egi- de Spilleux, commissario di polizia a Mons, che Andreux aveva assoldato) da farlo ammettere anche al congresso internazionale di Londra del 1881. Ma a questo congresso, per le posizioni ol- tranziste e palesemente provocatorie da lui assunte, cominciarono i sospetti e poco dopo egli venne smascherato. Ad ogni buon contó il valore della collaborazione del Cafiero non é pregiudicato da questa vicenda che abbiamo riferito come semplice fatto di cronaca. Sull'episodio vedi, fra l'altro, quanto ne scrive P. Kropotkin nelle Memorie di un rivoluzionario. 7 ro: Révolution, serie d'articles dans La Révolution So- ciale etc... 2 Nel 1913 Luigi Fabbri, scrivendo la prefazione ad una riedizione del Compendio del «Capitale» 3 accenna- va al poco noto scritto sulla Rivoluzione e al giornale di Saint Cloud che - egli diceva - abbiamo avuto la for- tuna di ritrovare in parte fra le carie di un vecchio in- ternazionalista, ed abbiamo potuto completare con ri- cerche faite fare alia Bibliothéque Nationale di Parigi. Nei numeri a nostra disposizione vi sonó anche alcune correzioni a penna dello stesso Cafiero. Questo secondo lavoro, piú persónate, di Cario Cafiero speriamo di po- ter daré presto ai lettori in un successivo volume della presente biblioteca documentaría». II progetto di Fabbri poté attuarsi parzialmente solo nel 1925 quando sulla rivista Pensiero e Volontá di Roma egli presentó lo scritto di Cafiero con un 'ampia nota introduttiva e ne pubblicó una prima puntata sul numero del 1 gennaio di quelVanno. Sequestrata la rivi- sta per ordine del governo fascista, questa prima punta- ta venne ripetuta sul numero del 16 gennaio. Sequestra- to anche questo numero, si rinnovó il tentativo sul nu- mero del 1 febbraio, ma anche questa volta la rivista fu sequestrata. Cosi sul numero del 1 aprile la redazione 2 Bibliographie de Vanarchie par M. Nettlau. Préface d'Elisée Reclus. Bruxelles - París, 1897, pag. 124. 3 Cario Cafiero, // «Capitale» di Cario Marx brevemente com- pendiato con cenni biografici ed appendice di James Guillaume. Seconda edizione. Firenze, Istituto Editoriale «II Pensiero», 1913. 8 inseriva un comunicato per informare i lettori che la pubblicazione del saggio era rinviata, dato che non era possibile assicurarne la continuitá. Nella nota introduttiva il Fabbri, dopo aver ripetuto le notizie sul reperimento della collezione de La Révo- lution Sociale 4 , discuteva la concezione determinista della storia cui Cafiero si ispirava nel suo lavoro impu- tándola all 'influenza della dottrina marxista sul primo socialismo e sullo stesso anarchismo. Rilevava anche, in connessione con le polemiche allora in corso fra anarchici e comunisti, l'acuta previsione di Cafiero se- condo cui, qualora la rivoluzione sociale fosse sfociata in una rivoluzione autoritaria «la reazione rossa e la ri- voluzione anarchica che la seguirá sorpasseranno di molto, per violenza e numero di combattimenti, tutte le precedenti reazioni e rivoluzioni». Lo scritto di Cafiero e le annotazioni di Fabbri ri- chiamarono Vattenzione di Angelo Tasca che alia fine del 1927 dedicava alia questione alcune pagine dei suoi 4 «Frugando dodici o tredici anni fa, scrive il Fabbri, in una soffitta piena di carte ingiallite dimenticatevi da un pezzo, di un vecchio anarchico romagnolo, che ai suoi tempi era stato intimo amico di Bakunin e di Cafiero, e, benché ritirato alquanto dal mo- vimento a causa dell'etá, conservava sempre l'antica fede e m'ave- va invitato a cercare tra quelle vecchie carte se vi fosse qualcosa di buono ancora utilizzabile, tra un mucchio di giornali rimontanti quasi tutti al tempo tra il 1870 e il 1890 trovai molti numeri d'un periódico francese che conoscevo solo di nome: La Révolution Sociale di Saint Cloud». (L. Fabbri, Uno scritto ignorato di Cario Cafiero suPensiero e Volontá del 1 gennaio 1925). 9 quaderni di appunti. Tasca, esule in Francia, era allora uno dei dirigenti del Partito Comunista Italiano, sia puré giá in posizione critica nei confronti dell'esperien- za e della direzione soviética. Avendo potuto leggere alia Bibliotéque Nationale di Parigi Tintero scritto di Cafiero, egli ne coglieva la grande importanza, la «sin- golare potenza e concettositá di espressione» e, in dis- senso col Fabbri, ne valorizzava, al di la dei toni talvol- ta enfatici o iperbolici, la impostazione determinista e classista. Sulla questione della «reazione rossa», si li- mitava a porre un punto esclamativo di meraviglia (o di dubbio?) 5 Nel 1929 Max Nettlau da Vienna rimette alia redazio- ne del Risveglio di Ginevra un desiderata, ripreso poi da L'Adunata dei Refrattari di New York, 6 nel quale si interessa alio scritto di Cafiero e pone per la prima vol- ta il problema della sua incompiutezza (non rilevata dal Fabbri, che aveva dato la seconda parte come conclu- sione) e quindi delle ricerche per ritrovare la parte mancante. «Finalmente il lavoro del Cafiero Révolution... Esiste una edizione fatta al Cairo, verso il 1881, '82 od '83 o il progetto non fu realizzato? Ne La Protesta Umana (San 5 Scritti critici e storici inediti di Angelo Tasca in: Istituto Giangiacomo Feltrinelli, Annali. Anno décimo. 1968. (pp. 121- 127) 6 Cfr. M. Nettlau, Pubblicazioni chieste su // Risveglio anar- chico (Ginevra), n. 772 (a 1929) e in L'Adunata dei Refrattari del 20 luglio 1929. 10 Francisco, 26 dicembre 1903) L'Orso (Icilio Ugo Parri- ni, di Livorno, vissuto a lungo in Egitto) parla di una stamperia segreta d'allora al Cairo, che «visse poco e malamente. Essa fu affidata all'Orso e al Matteucci», che stamparono alcuni manifesti spediti in Italia... «ed iniziaron puré la stampa di Rivoluzione di Cario Cafie- ro, ottimo libro che vide la luce solo nella prima parte sulla Révolution sociale di Parigi». Questo accenno, il solo che io conosca sul soggetto in parola, pare indica- re che Parrini e Florido Matteucci, hanno conosciuto ed avuto nelle moni un testo piü completo di quello stampato a Parigi... Se il solo gran lavoro di Cafiero potesse venir ritrovato grazie a tali particolari, la me- moria delle sue concezioni individuali sarebbe comple- tata...». Súbito dopo la fine delV ultima guerra, avvicinatomi durante gli anni d'universitá alie ricerche sulla storia del movimento anarchico, sulla strada tracciata dai la- vori di Nello Rosselli e di Max Nettlau, fui fortemente attratto dalla figura e dalV opera di Cario Cafiero. Mi misi allora in contatto con Antonio Lucarelli, il vecchio e amabile studioso pugliese che preparava una biogra- fía del suo conterráneo, in occasione del centenario della nascita 1 e con Gianni Bosio che aveva fondato a Milano la rivista Movimento Operaio, inaugurándola appunto con alcune notizie sulla «follia» di Cafiero} 7 A. Lucarelli, Cario Cafiero, Saggio di una storia documen- tata del socialismo. Trani, Vecchi e C, 1947. 8 G. Bosio, di Cario Cafiero dal soggiorno di Lugano al Ma- lí Dalla mia collaborazione con Bosio nacque la biblio- grafía su Cafiero che oggi andrebbe ampiamente riela- borata e integrata. 9 Fu dunque quello il «primo amore» di Gianni Bosio, a cui egli tornó poco prima di moriré pubblicando fi- nalmente negli Archivi del movimento operaio, da lui fondati e diretti, il testo intégrale in francese del saggio «sulla rivoluzione», come era apparso su La Révolution Sociale, con una lunga introduzione critica e con altri scritti sincroni di Cafiero 10 . II lavoro é stato poi ristam- pato dagli editori Samoná e Savelli, con l'aggiunta de- gli appunti di Tasca e della nostra bibliografía 11 . Questa storia approda sulle sponde di Lugano, dove un giovane studioso di quella cittá nel corso di indagini per la sua tesi di laurea risale all' arresto di Cafiero a Ruvigliana (non lungi dalla casa dove era morto Catta- neo), da qui risale agli archivi di polizia di Berna, dove scopre il manoscritto sequestrato appunto a Lugano quasi un secólo prima. L'importanza del ritrovamento si riassume in questi nicomio S. Bonifacio in Movimento Operaio del 1 ottobre 1949. 9 P. C. Masini - G. Bosio, Bibliografía genérale di Cario Ca- fiero in Movimento Operaio del giugno-settembre 1951. 10 C. Cafiero, La rivoluzione per la rivoluzione. Raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio. Milano, Edizio- ni del Gallo, febbraio 1968. Strumenti di lavoro - Archivi dei mo- vimento operaio. N. 12. 11 C. Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione. Raccolta di scritti a cura e con introduzione di Gianni Bosio. Roma, La nuova sinistra - Samoná e Savelli, 1970. 12 elementi: a) abbiamo il testo completo e origínale dello scritto di Cafiero, tanto per la parte giá edita in /ranée- se, quanto per le parti inedite: quest'ultime (seguito e fine della seconda parte, inizio e sviluppo della terza parte) presentano grande interesse per la conoscenza delle idee di Cafiero; b) conosciamo la struttura com- pleta del lavoro, diviso in quattro parti (I. Rivoluzione é legge naturale; II. La nostra rivoluzione; III. Pratica ri- voluzionaria; IV. Moróle rivoluzionaria) e sappiamo che es so restó incompiuto a causa delV arresto e delle successive vicende delVautore (manca il seguito e fine della terza parte e Viniera quarta parte); c) sappiamo che tanto il discorso su «anarchia e comunismo» tenuto al congresso giurassiano di Chaux-de-Fonds il 9 e 10 ottobre 1880 quanto l'articolo L'action pubblicato su Le Révolté del 25 dicembre 1880 altro non sonó che estrat- ti o anticipazioni del saggio, rispettivamente della se- conda e della terza parte. Si aggiunga che insieme ai quaderni del manoscritto, Gian Cario Maffei ha ritrovato altri due quaderni del Cafiero dal titolo De ómnibus rebus. I due quaderni re- cano appunti e minute che consentono di ricostruire Vattivitá luganese del Cafiero, prendere conoscenza di lettere fiinora ignórate, identificare scritti fiinora anoni- mi. * * * 77 saggio di Cafiero «sulla rivoluzione» é molte cose 13 assieme. É il primo consistente e orgánico elaborato teórico dell'anarchismo italiano. E il punto d'approdo di dieci anni di dibattiti politici e di discussioni intime fra gli esponenti della Federazione Italiana delllnter- nazionale. E il testamento político di Cafiero prima del suo irreparabile collasso psichico. La conoscenza e l'esame di questo testo risolve alcu- niproblemi di critica storica e altri ne apre. Risolve anzitutto, in senso positivo, il problema del- Vesistenza o meno di un Cafiero scrittore político. Fino ad ieri c'era da domandarsi se Cafiero, al di la della leggenda formatasi intorno al suo nome e alie sue vi- cende di cospiratore e di perseguitato, avesse dato un suo contributo origínale al pensiero anarchico. La ri- sposta era incerta poiché - ad esclusione del Compen- dio del Capitale, buon lavoro ma non origínale - la pro- duzione di Cafiero si presentava frammentaria e occa- sionale, legata piuttosto a motivi di polémica corrente che a speculazioni e sistemazioni di dottrina. II «saggio sulla rivoluzione» soprattutto nella parte inédita é invece una finestra aperta sulla mente dell'au- tore e ci consente di misurarne orizzonti culturali e f or- za intellettuale. Ci troviamo davanti ad uno scrittore nuovo che nel 1880 - morto da appena quattro anni il Bakunin, esordiente il Kropotkin, non ancora afferma- tosi il Malatesta - ci offre un tentativo coerente di defi- nizione dell'anarchismo. Sebbene incompiuto, il «sag- gio sulla rivoluzione», dopo aver tracciato nella prima parte una visione «rivoluzionaria» dello sviluppo stori- 14 co della societá, tocca una varietá di temi programma- tici e tattici che diverranno nei decenni successivi mate- ria di appassionato dibattito. Non dimentichiamo che siamo nel 1880 e che fino ad ora nella letteratura anar- chica italiana non é stato prodotto qualcosa di parago- nabile a questo lavoro: articoli, proclami, dichiarazioni ma nessun apprezzabile approfondimento teórico. Non stupisce il fatto che recatosi il Cafiero al con- gresso di Chaux-de-Fonds dell'ottobre 1880 e tenutovi nella prima giornata la sua relazione su «anarchia e comunismo», egli venisse invitato a ripeterla il giorno successivo in una riunione privata, destando anímate discussioni (riporto la notizia dal resoconto de Le Ré- volté che dette appunto un riassunto del discorso, piü volte ristampato) 12 . Con il suo rapporto Cafiero formulava criticamente per la prima volta i principi del comunismo anarchico che, superata la fase collettivista degli anni settanta, caratterizzeranno l'evoluzione ideológica dell'anarchi- smo durante gli anni ottanta. Cosi la scelta «comunista» di Cafiero precede cronológicamente le elaborazioni di Kropotkin, Reclus, Malatesta ed assume il valore di una pietra miliare lungo la storia delVanar- 12 II congresso decise di pubblicare il testo del rapporto in opuscolo ma il progetto si realizzerá solo dieci anni piú tardi in Francia (Foix, 1890, pp.). Seguiranno molte edizioni in lingua ita- liana e in altre lingue. La piú recente é quella della raccolta di te- sti Gli anarchici, a cura di G. M. Bravo (Torino, UTET, 1971, pp. 767-776). 15 chismo 13 . La lettura del saggio ci orienta anche circa le fonti del pensiero di Cafiero. Sonó Pisacane, Marx, Bakunin e Herzen. Sulle simpatie di Cafiero per Pisacane - di cui egli ri- trovó i Saggi proprio a Lugano presso la biblioteca del Liceo Cantónale - sapevamo giá qualcosa dai suoi car- teggi. 14 Ma «il saggio sulla rivoluzione» rivela un'in- 13 La storia di questi dibattiti é diligentemente ricostruita da Max Nettlau in un articolo su El comunismo anarquista de Pedro Kropotkin (1876-1920) apparso sulla Revista Blanca di Barcello- na del 15 gennaio 1931 (riprodotto in parte sull'Adunata dei Re- frattari del 14 e del 28 febbraio 1931, e di nuovo, in una versione riveduta dall'autore, nel numero del 28 ottobre 1967). II Nettlau attribuisce al Kropotkin il ruólo di teórico del comu- nismo anarchico e al Cafiero una parte secondaria: attribuzione che va parzialmente rettificata alia luce delle nuove risultanze. Da notare infine che fin dalle sue dichiarazioni al processo di Bene- vento Cafiero aveva fatto una franca professione di anarchia e di comunismo. Su tutta la questione é fondamentale lo studio di Letterio Bri- guglio, L'anarchismo in Italia fra collettivismo e comunismo su Anarchici e anarchia nel mondo contemporáneo. Atti del Conve- gno promosso dalla Fondazione Luigi Einaudi (Torino, 5, 6 e 7 dicembre 1969), Torino, Fondazione Luigi Einaudi, 1971. 14 Sulle ricerche pisacaniane di Cafiero si veda L. Dal Pane, In memoria di Cario Cafiero nel primo centenario della morte (1846-1946). Ravenna, STER, 1946. Cafiero si proponeva altresi di ripubblicare i Saggi del Pisaca- ne presso l'editore Ambrosoli di Milano, con una sua prefazione, come si apprende da una lettera di Anna Kuliscioff a Andrea Co- sta del 16 dicembre 1880 (conservata nel fondo Costa della Bi- 16 fluenza vasta e determinante del pensiero pisacaniano, documentata da richiami e da citazioni. Di Bakunin possiamo aggiungere al giá noto che il Cafiero aveva sott'occhi, mentre stendeva il saggio, l'autografo bakuniano dell'atto costitutivo dell'Alleanza segreta fondata nel 1872 a Zurigo (citata appunto nel testo e richiamata in una nota dalla quale apprendiamo che il Cafiero si proponeva anche di scrivere una bio- grafía del suo compagno e maestro). 15 Significativi i frequenti e puntuali richiami a Marx, verso il quale Cafiero, al di la dei dissensi sulla que- stione dello Stato, conservó una specie di venerazione intellettuale, accentuatasi negli ultimi anni, al punto da far infuriare il Kropotkin, in occasione di discussioni che i due ebbero nelVinverno 1881 -'82a Londra. 16 Infine Herzen. Al momento delV arresto vennero se- questrati (e poi restituiti) a Cafiero due quaderni di ap- punti su Herzen: probabilmente traduzioni di brani del volume De l'autre rive, che é citata da Cafiero anche in epígrafe al primo capitolo del saggio. blioteca Comunale di Imola). Era la stessa Kuliscioff a trascrivere il testo dei Saggi, per contó del Cafiero, presso la Biblioteca di Lugano. 15 II manoscritto venne sequestrato a Cafiero ed é conservato nel personaldossier del Bundersarchiv di Berna. Ne é ora annun- ciata l'edizione critica, a cura di Gian Cario Maffei, in una collana di ricerche ticinesi diretta da Romano Broggini (Bellinzona). 16 Ricavo la notizia dal pro filo biográfico di Cario Cafiero, a firma apparso su L'Adunata dei Refrattari (New York) del 28 di- cembre 1935 e dell'll gennaio 1936. 17 Riferimenti e citazioni di tutti questi autori sonó im- piegati nel saggio con notevole proprietá e maestría, senza che essi oscurino la personalitá dello scrittore: uno scrittore della migliore tradizione meridionale, for- te e immaginoso, lógico ed efficace, un po ' enfático ma non verboso. Del resto Venfasi della forma va ricondotta ad una questione di contenuto. Cafiero é pervenuto nel 1880 ad una visione política che ha al suo centro il tema della rivoluzione: non di una rivoluzione astratta e ipotetica ma di una rivoluzione pratica ed immediata, di una in- surrezione armata in Italia. In questa luce il suo lavoro é anche un manifestó rivoluzionario. La sua proposta di alleanza fra anarchici e repubbli- cani 11 , la sua polémica contro Costa n , il programma del 17 Si veda la lettera al giornale riminese Libertas, pubblicata in questa raccolta di scritti. Da notare che la invocata solidarietá fra anarchici e repubblicani ripeteva la posizione presa da Cafiero dieci anni prima al momento del suo arrivo in Italia da Londra (1871) quando aveva aderito alia proposta del «congresso demo- crático» avanzata da Garibaldi. 18 La polémica contro Costa é svolta da Cafiero con la nota violenta lettera agli internazionalisti Vittorino Valbonesi e Rugge- ro Moravalli, pubblicata sul Grido del Popólo di Napoli del 21 lu- glio 1881. Ma nei quaderni De ómnibus rebus, conservati nel dos- sier, si puó leggere la minuta di un'altra dura lettera contro Costa, diretta a Oreste Vaccari, da cui si ricavano interessanti riferimenti autobiografici: «...io lo conosco (il Costa) fin da quando esso combatteva accanitamente i pacifici di Lombardia, fin da quando sosteneva come único mezzo la cospirazione e i mezzi violenti, 18 giornale L'Insurrezione 19 , la parola d'ordine della Co- stituente lanciata in occasione del Comizio dei Comizi per il suffragio universale 20 , il suo articolo L'action sul- le colonne de Le Révolté, la sua teoría dell'attacco in «ordine sparso» esposta nella lettera al Grido del Popó- lo di Napoli 21 e l'altra omologa dei «fatti isolati» svolta nelle corrispondenze a Le Révolté e alia Révolution So- ciale, 22 rientrano in questa prospettiva insurrezionista - contro di me che, allievo di Malón e di Bignani, sostenevo la sola propaganda; fin da quando io ridotto dalla ragione, dalla persua- sione della storia e dei fatti ad abbracciare i mezzi violenti fui mandato da luí al congresso di Milano del 1877, per sostenervi appunto la necessitá inesorabile di adoperare solo la cospirazione e la violenza; fin da quando ando in Sicilia ad intendersi coi bri- ganti per un probabile sollevamento, fin da quando scrisse quel memorabile articolo nel Martello di Fabriano accusando di apo- stasia Campanella, l'ottuagenario Campanella, invecchiato in mezzo ai sacrifici ed alie cospirazioni in pro del suo idéale, per- ché esso Campanella credeva opportuno peí trionfo dell'idea re- pubblicana togliere dal suo programma la reazionaria parte reli- giosa...». 19 Finora si conosceva un estratto in francese della circolare- programma, pubblicato sulle colonne del Révolté (e ristampato, tradotto, in C. Cañero, Rivoluzione per la rivoluzione cit). Nel dossier é conservato invece lo stampato in italiano di detta circo - lare. 20 Si veda la lettera al giornale Imolese 77 Moto pubblicata in questa stessa raccolta. 21 La lettera é ripubblicata in C. Cañero, Rivoluzione per la rivoluzione etc. cit. 22 Da annotazioni contenute nei due quaderni De ómnibus re- bus si puó stabilire con certezza l'attribuzione a Cañero di nume- 19 con punte di terrorismo - a breve termine. Era questa d'altronde una esigenza assai diffusa in quel momento, come risulta da tutto il quadro político in cui il Cqfiero operava: il rientro in Italia di Amilcare Cipriani, colon- nello della Comune e reduce della Nuova Caledonia, la pubblicazione per iniziativa di Emilio Covelli a Ginevra della rivista I malfattori, carica di eccitamenti nihilisti e illegalistija impostazione e le tesi del congresso inter- nazionale di Londra 23 , gli echi degli attentati e dei pro- rose corrispondenze dall'Italia, apparse sui giornali Le Révolté e La Révolution Social. In particolare la teoría dei «fatti isolati» é sviluppata e documentata nel numeri de Le Révolté del 25 dicem- bre 1880 e del 5 marzo 1881 e de La Révolution Sociale del 13 e del 18 marzo 1881. Poiché un Ministro italiano, rispondendo alia Camera, aveva parlato di «fatti isolati» per minimizzare una serie di rivolte spontanee e di attentati ai pubblici poteri, il Cañero os- servava che proprio il fatto di essere «isolati», cioé non diretti dall'alto e non organizzati fra di loro, conferiva a questi fatti una grande potenza, come espressione dello spirito di ribellione diffu- so fra le masse popolari. 23 Cañero che puré aveva firmato per l'Italia l'appello di con- vocazione, non prese parte al congresso di Londra per difficoltá finanziarie ma anche per sopravvenuti dissensi con Kropotkin e Malatesta. In una lettera del 26 giugno 1881, pubblicata dal Net- tlau, si dice scettico su un'organizzazione cospirativa su scala in- ternazionale senza mezzi finanziari adeguati («...per fare della co- spirazione classica oggi occorrerebbero dei milioni, se no essa sará sempre un gioco da ragazzi») e ripiega su una concezione sporadica dell'azione rivoluzionaria, quale giá aveva enunciato con l'apologia dei «fatti isolati». «La nostra salute, egli scrive, é nell'anarchismo. Bisogna sbriciolarsi per renderci impalpabili e 20 cessi di Russia che suscitarono in Europa una psicosi rivoluzionaria e reazionaria assieme. Tutti questi fatti postulavano una giustificazione teórica che appunto troviamo nella terza sezione del saggio, dedicata alia «pratica rivoluzionaria» la cui parte essenziale viene qui riprodotta. Ma queste pagine invitano a riflettere anche su una vicenda tutta privata di Cafiero. Giova ricordare che questa estrema apología della violenza e della distru- zione si leva da un Cafiero che é alia vigilia della sua clamorosa conversione all'evoluzionismo e del successi- vo svanimento della ragione. Qualcosa di questo prossi- mo sconvolgimento si riflette anticipatamente in queste pagine, quasi come una ombra o un segno premonitore. I miti della rivoluzione per la rivoluzione, del popólo e delVoperaio, della societá futura sonó portati a tal punto di esaltazione e di infatuazione da configurare una nuova mística. La violenza rivoluzionaria é vista come catar si individúale e sociale («Dal seno della ri- imponderabili. Noi non dobbiamo piú scriverci che per dirci buon giorno e buona sera». Ma in queste parole si nota giá una tenden- za patológica all'isolamento, al cupio dissolvi con i segni inci- pienti della mania di persecuzione: «Non contate su me per la vo- stra cospirazione. Non me ne scrivete mai soprattutto, e tenete contó che da oggi io saró l'apostolo della cellula: e tutto il mió so- gno non é che di poter tróvame e créame una nella quale potermi immergere e sparire fino al giorno del giudizio universale». (Cfr. M. Nettlau, Kropotkin, Malatesta e II Congresso internazionale socialista rivoluzionario del 1881 in Studi Sociali (Montevideo) del 4 dicembre 1933, 21 aprile, 16 maggio e 23 giugno 1934). 21 voluzione nasceranno gli angelí, nascerá Vumanitá pu- rificata»: é una frase di Cafiero che rischiara tutto un mondo interiore 2 *, il popólo é divinizzato, la democrazia trasfigurata in demolatria, la societá futura concepita messianicamente come un nuovo regno, dominato dalla religione del lavoro). Se si pensa al passato e al futuro di Cafiero, prima al suo rigorismo moróle, alia sua concezione ascética del- la vita e delVazione política, e poi alie fantasie religiose e mistiche della sua follia, la lettura del saggio dovrá essere condotta piú secondo canoni psicologici che ideologici, alia ricerca e alia scoperta di un Cafiero oc- culto che, nelle frasi e nelle formule politiche, maschera un dramma profondo. Questo dramma - di un uomo che ha portato al massimo la sua tensione interiore fino a spezzarsi contro le istituzioni della societá - sfocierá nella pazzia: una pazzia aluminante, le cui manifesta- zioni - fissazioni, manie, vaneggiamenti - aiutano a ca- pire tutto intero Cafiero, anche quello ragionante e ló- gico della política militante. Pier Cario Masini 24 La frase del Cafiero é posta come epígrafe ad una circolare- annuncio, a stampa, del giornale La Miseria di Alessandria, con- servata nel dossier. 22 INTRODUZIONE Nel corso di ricerche per la mia tesi di laurea sugli anarchici italiani in Svizzera, ho avuto modo di esplo- rare alcune sezioni dell'Archivio Fedérale di Berna, dove sonó conservati gli atti di polizia della Confedera- zione. Ho potuto cosi consultare molti e interessanti do- cumenti del fondo Justiz, Bundesanwaltschaft, Polizei- dienst, 1889-1920. Ifascicoli contengono atti relativi ai movimenti ritenuti dalle autoritá «sovversivi» o «rivolu- zionari», sviluppatisi nei vari Cantoni della Confedera- zione. Alcuni fascicoli in particolare documentano le azioni di gruppipiü propriamente «anarchici» e di indi- vidui che, segnalati come pericolosi, erano sorvegliati da parte delle autoritá federali e cantonali. II contenuto dei fascicoli é essenzialmente costituito da rapporti cui sonó spesso allégate corte e documenti requisiti dalle autoritá in occasione di procedimenti di polizia o giudi- ziari. Le filze attengono tanto a pratiche su questo o quel gruppo político in varié localitá quanto a pratiche relative a singóle personalitá. Quest 'ultimo settore del- l'Archivio contiene appunto i Personaldossier,yra i quali ho rinvenuto il dossier Cañero che é tra i piü interes- santi perché conserva negli allegati il risultato di una fruttuosa perquisizione. 23 77 fascicolo di Cafiero, nel fondo giá citato, porta l'indicazione: Personaldossier Cafiero Cario, Band 144, e consta di 251 atti 25 . I documenti del dossier ri- guardano il periodo compreso tra il mese di dicembre 1879 e il mese di setiembre 1882, tuttavia la piú interés - sanie e consistente serie di atti riguarda il periodo dal marzo alVottobre 1881 in relazione al soggiorno di Ca- fiero a Lugano. II periodo luganese di Cafiero acquista particolare rilievo se si tien presente che l'anno 1881 rappresenta per lui V estremo contatto razionale con la realtá e con l'idea política, sintetizzata nel saggio Rivoluzione ini- ziato nell'80 e nei tentativi insurrezionali concepiti pro- prio durante la sua permanenza a Lugano. Altre impor- tanti circostanze di carattere piú genérale, coincidono con questo periodo. All'interno del movimento anarchi- 25 La descrizione del fascicolo di Cafiero vuol essere, almeno nelle intenzioni, l'avvio ad una piú ampia ricerca sull'esulato anar- chico a Lugano negli ultimi decenni dell'Ottocento. Prendo l'oc- casione per ringraziare Pier Cario Masini che mi ha esortato a portare avanti questo lavoro. II dossier Cafiero si apre con un documento del 27 dicembre 1879 (BAr 3). Si tratta di una nota verbale o prememoria della Legazione italiana a Berna al Dipartimento Fedérale di Giustizia e Polizia. In questa comunicazione la rappresentanza diplomática italiana segnala alia competente autoritá fedérale svizzera la pre- senza di Cafiero a Ginevra. Egli, infatti, espulso dalla Francia in- sieme a Malatesta con decreto del 18 novembre 1879 (BAr 36) fu accompagnato alia frontiera svizzera, trovando poi ospitalitá pres- so Kropotkin (Levachov) alia redazione del Révolté. 24 co, gli anni 1880-81 sonó quelli in cui si sviluppava vi- vacemente la polémica contro Costa e il dibattito sulla tattica. Per il Cafiero, presidente del congresso di Chiasso, non esistono dubbi: nel perseguiré Videale anón crede... dovere i rivoluzionari farsi propugnatori di queste diffwoltá e di queste tappe e manipolazioni di programmi detti minori e pratici: ma crede si debba sempre predicare e tendere alVultimo fine» 26 . Cafiero ri- badisce ancora queste posizioni in una lettera a Oreste Vaccari quando si chiede: «Ma Costa ha fiorse raggiun- to il suo idéale? Son fiorse scomparsi i nemici delVuma- nitá? Ha fiorse trionfato il socialismo? No, oggi siamo ancora sotto i ceppi, oggi moriamo ancora di fiame, oggi ci perseguitano piü di prima; oggi quindi si deve raddoppiare la nostra vitalitá; ...dobbiamo moriré, sa- crificare tutto al nos tro idéale; dobbiamo predicare l'o- dio e lo sterminio dei nemici deU'umanitá». 21 Ma Cafie- ro aveva avuto giá modo di confermare la sua condotta con la dichiarazione del 25 gennaio 1881 in occasione della sua partenza per il "Comizio dei comizi", nella 26 Questo, in sintesi, il senso della IV risoluzione proposta dalla minoranza: Marzoli, Cafiero, Matteucci e Grassi. II testo ci- tato é tratto dal resoconto autógrafo di Cafiero sul congresso di Chiasso (BAr 92). Del congresso esiste agli atti anche un reso- conto poligrafato: Confederazione Socialista dell'Alta Italia - Sunto delle deliberazioni prese al Terzo Congresso (BAr 91 e 92). 27 La minuta di lettera, in data 2 marzo 1881, occupa diverse pagine dei due quaderni De ómnibus rebus, di cui si dirá piú avanti. 25 quale, in prima persona, tiene a precisare «a tutti colo- ro che potessero scorgere in questo mió atto la menoma inconseguenza o transazione con la mia fede di rivolu- zionario anarchico... riassumo il mió compito: I o Lungi dalVimbarazzare, facilitare che una scintilla repubbli- cana caschi sulla polvere; 2 o Se il fuoco si prende, sof- fiarvi dentro con tutte le mié forze onde fargli prendere le proporzioni le piü gigantesche» 2% . Questo dunque lo spirito con cui il Cafiero si appre- stava a vareare il confine per giungere a Roma, confor- tato anche dalla presenza di Cipriani, ma il suo rápido rientro in Svizzera venne tostó seguito dalla notizia del- Varresto di Cipriani a Rimini. Di li a poco, il 21 febbra- io, a Lugano veniva arrestato anche Malatesta e, nono- stante il ricorso di Cafiero presso il Consiglio fedérale, trattenuto in carcere fino al 10 marzo, quando, venne allontanato da Lugano 29 . La política di allontanamento dalle frontiere degli elementi cosi detti "sowersivi" é abbastanza spesso in- vocata dalle autoritá italiane e piü spesso concessa dal- le autoritá svizzere in luogo delVestradizione o anche 28 II documento é riportato integralmente nella presente pub- blicazione. 29 II Consiglio di Stato del Cantón Ticino risponde al Consi- glio Fedérale che «Cafiero é stato informato che voi non avete creduto conveniente di entrare in materia sulla sua domanda tele- gráfica del 22 detto mese» (BAr 25). Vedi il mió lavoro su Errico Malatesta in Ticino, in Bollettino Storico della Svizzera Italiana, a. 1970, fase. I. 26 dell'espulsione. D'altra parte da vari anni ormai, tanto Ginevra quanto Lugano, apparivano alie autoritá come centri di cospirazioni e di pericolose macchinazioni contro i regnanti d'Europa. In piü le due localitá si an- davano diversificando: Ginevra era la meta preferita dei russi, Lugano il punto d'incontro degli anarchici ita- liani. Le ripercussioni delVassassinio dello zar Alessan- dro II, nel marzo 1881, rimbalzarono naturalmente nel- la Confederazione Elvetica, condussero all'espulsione di Kropotkin e non risparmiarono lo stesso Cafiero. Su di lui, «uomo risoluto e ardito a cui fanno capo gli in- ternazionalisti residenti in questo Cantone» 3,0 , andarono crescendo i sospetti specialmente dopo che vennero sco- perti i suoi propositi rivoluzionari espressi forse verbal- mente durante il Congresso di Chiasso. Cafiero infatti avrebbe sostenuto la necessitá di organizzare bande ár- mate per distruggere Vordinamento político del regno d'Italia servendosi anche delVappoggio di clubs rivolu- zionari internazionali. In particolare Amilcare Cipriani da Parigi e Kropotkin dalla Svizzera, al mínimo cenno di rivolta, avrebbero dovuto intervenire con gruppi ar- mati in Italia. «Prometteva inoltre lo stesso Cafiero, di provvedere all'introduzione nel regno di armi, munizio- ni e dinamite dicendo che Vinsurrezione deve essere preceduta da colpi isolati». 30 Rapporto del Consiglio di Stato del Cantón Ticino sui rifu- giati politici residenti a Lugano, inviato a Berna il 23 aprile 1881 (BAr 41). Promemoria con la data a matita del 24 marzo 1881 (Bar 26) 27 Per portare a compimento queste imprese, Cafiero avrebbe dovuto avvalersi di alcuni elementi che costi- tuivano il "gruppo di Lugano " e che variavano sensibil- mente di numero secondo i periodi. Al tempo del Con- gres so di Chiasso il gruppo luganese era composto da Cafiero, Marzoli, Matteucci e Grassi, firmatari a quel congresso delle proposte della minoranza. Gli stessi, cui si aggiunse Leopoldo Grilli, sottos cris s ero come «rivoluzionari italiani rifugiati a Lugano» la delega per es seré rappresentati da Cafiero al Comizio dei comizi. Per le autoritá ticinesi, verso la fine del mese di maggio 1881, risultavano residenti a Lugano solo «tre o quattro internazionalisti-anarchici» e cioé Cafiero, Paolides, Grilli. Infatti alcuni erano partiti neiprimi mesi dell'81, forse in conseguenza delV arresto di Malatesta, altri ar- rivavano e partivano in diverse riprese 31 . Leopoldo Grilli era giunto a Lugano il 20 febbraio del 1880 per sfuggire a un nuovo arresto, aveva trovato lavoro pres- so una farmacia e si era messo, come lui stesso afferma, in relazione amichevole con Cafiero. Apostólo Paolides, 31 Dal rapporto del Consiglio di Stato del Cantón Ticino del 28 maggio: «II numero dei rifugiati politici é di molto scemato in questo Cantone dopo la partenza del 1879...; di Mazzotti, Costa nel 1880 e Kulichoff, Marzoli, Matteucci, Pistolesi, Moravalli, Domanico, Marelli e Grassi, partiti nel corrente 1881...». A Luga- no c'é anche la saltuaria presenza di Monticelli «sedicentesi emi- grato politico» che stette presso il Cafiero. (BAr 98 e BAr 99: rapporto del 3-4 luglio 1881). Monticelli, recatosi in Italia, fu ar- réstate insieme ad altri ad Abano. 28 di origine greco-rumena, aveva vent'anni e stava con il Cafiero «come suo figliuolo piuttosto che suo amico» eseguendo i lavori piü pesanti in casa e facendo l'ap- prendista presso una tipografía 32 . Cafiero trascorreva il suo tempo soprattutto scrivendo, ma spesso compiva delle lunghe gite, sui monti dei dintorni, che destavano non pochi sospetti, e riceveva visite «da qualche amico del paese». Tra gli amici occorre menzionare anche il proprietario della sua casa, certo Magrini, naturalizza- to svizzero, che nutriva simpatía per lui e Giovanni Franzoni che gli dette modo dipoter rivedere dopo mol- ió tempo Emilio Bellerio. II gruppuscolo di Lugano, suscita non poche appren- sioni delle quali si fa portavoce il consigliere di stato del Cantón Ticino, Ermenegildo Rossi, in una lettera alia deputazione ticinese presso le comeré federali di Berna 32 . II problema viene cosi inquadrato: 32 Apostólo Paolides, di Niccoló, nato a Braila (Romanía), di anni 20, apprendista tipógrafo, di famiglia greca (di Leonidion). Probabilmente era stato condotto in Svizzera dal Malatesta che nel 1880 aveva soggiornato per qualche tempo a Braila. 33 La lettera é del 16 aprile 1881 (BAr 39). Notizie comple- mentar! sul «gruppo» vengono dedotte dall'Estratto relativo ai ri- fugiati del Cantón Ticino (BAr 30). Precedentemente il 25 marzo 1881 (BAr 27), dopo aver ricevuto un resoconto (BAr 26) sugli intenti di Cafiero espressi durante il Congresso di Chiasso, il Di- partimento Fedérale di Giustizia e Polizia raccomanda vivamente alie autoritá ticinesi di esercitare una piú stretta sorveglianza af- finché non vengano portati dalla Svizzera all'Italia esplosivi o si- mili. 29 1. A Lugano c'é Cafiero e intorno a lui un piccolo nu- mero di malitenzionati, per di piü "negli intenti compat- ti". 2. II 1 maggio verrá aperta l'esposizione nazionale a Milano. «La Regia Prefettura di Milano avrebbe ora avuto notizia di progetti di gran turbamento delVordine pubblico in Milano da parte dei suddetti Internazionali- sti». 3. «Egli é certo che se qualche cosa di grave, fosse soltanto il getto di una bomba, accadesse in Milano nel- l'accennata occasione non si mancherebbe di attribuirlo agli Internazionalisti residenti nel Ticino ed ai concerti ivi presi e perció le rimostranze... alie autoritá federali e cantonali non avrebbero fine e nelle attuali contingen- ze politiche d'Europa potrebbero emergeré conseguenze anche piü serie», tanto piü che si parla di tolleranza da parte dello stato che ospita questi individui. 4. A conclusione si propone che Cafiero «capace del- le piü arrischiate imprese, ...nell'interesse dei buoni rapporti della Svizzera e del Ticino col Regno d'Italia» venga allontanato da Lugano e trasferito in altri canto - ni non confinanti con Vitalia. «Questa misura farebbe negli attuali momenti un ottimo effetto presso i Gabinet- ti Europei». Come si puó notare, la posizione di Cafiero viene proiettata in un contesto di avvenimenti diportata inter- nazionale ed é forse in relazione a questa missiva che il 28 aprile, da Berna parte l'ordine di procederé ad un 30 interrogatorio dei "temibili individui". Si aggiunga che verso la meta di maggio il consolé italiano a Lugano segnala al commissario che in casa Cafiero ci si propo- ne di impiantare una stamperia; súbito dopo lo avvisa che un signore e una signora hanno portato a Cafiero una s católa con esplosivo e una cassetta contenente tu- betti di vetro con prodotti per confezionare bombe. La sorveglianza fatta alia casa di Cafiero porta alia con- statazione che per un'intera giornata si é lavorato di martello e che Paolides ritorna spesso dal suo lavoro con un involucro 34 . II 24 dello stesso mese Cafiero, Pao- lides e Grilli vengono interrogati una prima volta. Per quel che riguarda Cafiero l'interrogatorio verte oltre che sul Congresso di Chiasso, sul prossimo Congresso di Londra del 14 luglio, di cui egli risulta essere corri- spondente per Vitalia, e sulle possibili macchinazioni che verrebbero trámate nella sua abitazione. A questo proposito Cafiero risponde che la sua casa «posta nel mezzo della frazione di Castagnola non é il luogo adat- to per le cospirazioni», sebbene il commissario sia di altro avviso. Ma il giorno del Corpus Domini, Gaetano Grassi, scomparso insieme al Marzoli la notte di carnevale, ri- compare improvvis amenté a Lugano. Anche Monticelli si fia vivo e da quando costoro sonó a Lugano, i conve- gni presso Cafiero divengono sempre piü frequenti. Qualche tempo dopo, venerdi primo luglio, si verificano 34 Rapporto del 3-4 luglio 1881 (BAr 98). 31 durante tutto il giorno degli strani movimenti: una pe- sante cassetta da Castagnola viene portata a casa del Magrini; delle borse da viaggio vengono avviate a Lu- gano; in una locanda fuori Lugano risultano prenotati due letti solo per quella notte; si ha sentore che Grassi, Monticelli e Paolides debbano allontanarsi... In seguito a questi fatti, Vil luglio Cafiero subisce la prima per- quisizione della casa che da come risultato il rinveni- mento di alcuni cartocci di prodotti chimici e di una boccetta di mercurio 35 . Gli avvenimenti piü drammatici, pero, succedono ai primi di setiembre. Infatti, la mattina di domenica 4 set- iembre, alie nove, giungono da Chiasso col treno quat- tro giovani: Emiliano Pezzetti di 24 anni, geómetra, im- piegato a Torino; Camillo Ferrua di 23 anni, studente di farmacia a Torino; Cesare Mongini di 22 anni, stu- dente di medicina anch'egli a Torino; Natale Della Tor- re di 26 anni, disegnatore litógrafo, di Alessandria. Co- storo, recatisi a Milano per l'Esposizione, guidati dal Della Torre, si portano a Lugano alio scopo di conti- nuare - come affermeranno - la loro gita e per conosce- re Cafiero di cui tanto avevano sentito parlare. A Ruvi- gliana vengono accolti dal solo Paolides che giá cono- sceva Della Torre, mentre Cafiero, assente per una delle sue solite gite, non arriverá che alie 18. Intanto un agente é appostato in opportuna posizione per vedere, anche dentro casa, e per sentiré. Alie 18 giunge Cafiero 35 Vedi il rapporto cit. (BAr 98). 32 e tra lui e gli ospiti si intrecciano caloróse accoglienze, quindi nel salotto del primo piano viene intavolato un discorso, del quale l'agente messo a spiare, riesce a percepire queste frasi: «Oh bastera awolgerlo bene in carta...» A cui la nota voce di Cafiero rispondeva súbito: «Guai! bisogna anzi usare molta precauzione... prendere bene le misure... aver molti riguardi e simili. A queste parole precedettero e perseguirono altri discorsi e si sentí parlare di spezzar catene... di un cortile... di una donna... di guardie... sentinelle ecc.» 36 II commissario Masella, memore che la perquisizione dell'll luglio era andata fallita perché era avvenuta in- tempestivamente e in pieno giorno, ordina senz'altro al capo posto di prendere forze bastanti, di recarsi alia casa di Cafiero e di arrestare lui e quant 'altri sonó con lui. E cosí che alie 2,30 del mattino di lunedi 5 setiem- bre il sergente Pedrazzi, il sindaco di Castagnola, Gio- vanni Rezzonico, e otto agenti bussano alia porta di Ca- fiero. All'ingiunzione di aprire, Cafiero risponde che «quella non era ora da galantuomini e da gente onesta per disturbare i cittadini, che non conosceva nessuna au- toritá e nessuna legge e che non apriva». Successiva- mente, dietro le insistenze della forza pubblica, Cafiero risponde che avrebbe aperto solo alie 4. Infatti per quelVora la porta viene aperta. Cafiero e gli altri ven- 36 Per i particolari della perquisizione dell'arresto e per gli In- terrogatori si veda il rapporto del commissario Masella del 4-12 setiembre 1881, cui é allegato anche il rapporto del sergente Pe- drazzi sull'esecuzione dell'arresto. 33 gono arrestati e tradotti alie carceri. Nella tarda matti- nata, mentre si procede alia perquisizione della casa, giunge una lettera da Lugano, scritta da Antonio Ama- dori nella quale si chiedeva a Cafiero un abboccamento e si diceva di indirizzare una risposta al fermo posta sotto nome di Aristide Magnani. Da informazioni súbito assunte alia prefettura di Como, risulta essere costui ri- cercato dalla polizia italiana perché sospetto di voler attentare alia vita di re Umberto. Ad ingarbugliare vieppiü le cose, giovedi 8 giungono a Lugano dodici in- dividui dalVaccento forlivese: anche Amadori é roma- gnolo. Costoro si accompagnano col Moravalli e il Grilli che li hanno ricevuti alia stazione. La loro per- manenza a Lugano tuttavia é breve, perché quella stes- sa sera riprendono il treno per il ritorno, sorprendendo il commissario che fallisce anche il tentativo difarlifer- mare dal delegato di polizia di Chiasso. Questo il rápido succedersi degli avvenimenti mentre si sta procedendo alVesame del materiale seques trato durante la perquisizione e agli interrogatori, che inizia- no il 6 setiembre con Ferrua, Pezzetti e Mongini. Se- condo le loro affermazioni, non mai contraddette, nei discorsi fatti con Cafiero non hanno parlato di materia- li esplosivi o simili. Della Torre, alia versione giá nota, aggiunge che é stato due volte in carcere per reato di stampa, condivide le idee di Cafiero e intende intra- prendere ad Alessandria la pubblicazione di un giorna- le intitolato La Miseria. Quanto a Cafiero, egli nega ogni fatto o parola che 34 gli vengano imputati, sia di aver risposto in modo irri- guardoso alie ingiunzioni della polizia, come di aver di- strutto corte o altro immediatamente prima della per- quisizione e infine nega di essere a conoscenza dell'ar- rivo dei dodici forlivesi. Una grave imputazione per po- terlo mantenere in carcere o espellerlo non esiste; per- ció giá il 15 setiembre Cqfiero e Paolides sonó in liber- ta. Fra gli arrestati o semplicemente fermati, il solo Amadori viene espulso. E probabile che gli altri siano stati lasciati liberi per andarsene in Italia, ma che nello stesso tempo, come era giá stato tentato inútilmente per il gruppo dei forlivesi, si sia avvisata la polizia difron- tiera del loro arrivo. Pochi giorni dopo la sua scarcera- zione, Cafiero, dichiarando di non poter piü store a Lu- gano perché molestato dalla continua sorveglianza del- la polizia e del consolato, si reca a Locarno e dopo poco abbandona la Svizzera. Cafiero tornera in Ticino solo l'anno seguente accolto nella casa di Giuseppe Ga- gliardi in Valle Maggia e poi a Locarno presso Cario Bellerio, quando ormai le sue condizioni fisiche saran- no tali da destare la piü gran comprensione anche da parte delle autoritá. Circa la perquisizione, awenuta il 5 settembre, note- voli furono le risultanze e i ritrovamenti scrupolosamen- te elencati nel citato lungo rapporto del commissario Masella. Nel cassette del tavolo e in un armadio venne- ro rinvenuti e requisiti: a) due fascicoli manoscritti intitolati Herzen 1.2. 35 b) un fascicolo manoscritto dal titolo Histoire de la Ré- volution, par Louis Blanc 37 ; c) un manoscritto di Bakunin; d) due quaderni intestati De ómnibus rebus; é) sei quaderni intestati Rivoluzione e numerati da 1 a 5, piü una copia; f) un opuscoletto a stampa intitolato Alia Rivoluzione. Canti di Cario Monticelli. (Londra, gennaio 1881, pp. 20) «L'edizione apparirebbe aver avuto luogo a Londra ma il commissario ha ragione di credere sia invece av- venuta in Lugano» 3 *; g) uno stampato contenente il programma del giornale La Miseria di Alessandria; h) un resoconto ufficiale poligrafato e un altro mano- scritto (di mano del Cafiero) del Congresso di Chiasso; i) alcune lettere appartenenti al Paolides; l) numerosi manifesti e volantini a stampa tra cui un manifestó annunciante la fondazione del giornale L'In- surrezione. Firmatari redattori sonó Malatesta, Cafiero, Solieri; 37 I manoscritti contenenti traduzioni ed estratti da Herzen e da Blanc vennero successivamente restituiti al Cafiero e pertanto non sonó conservati agli atti. 38 Rapporto del Consiglio di Stato del Cantón Ticino al Dipar- timento Fedérale di Giustizia e Polizia in data 15 settembre 1881. 36 m) lettere di vari corrispondenti, dirette al Cafiero 39 ; n) infine un flaconcino di acido nítrico e due pugnali. Passiamo qui a considerare gli otto quaderni giá elencati ira il materiale sequestrato id, é), che costitui- scono la parte piü interessante del repertorio. Tutti i quaderni hanno una copertina grossolana color senape sulla quale é applicata una etichetta blanca. In alcuni di essi sonó inseriti fogli o foglietti con note manoscritte di Cafiero. Dei due quaderni con Vintestazione De ómnibus re- bus, il primo suW etichetta porta cancellata ma ancora visibile la scritta II. Lotta Lavoro e Capitale, l'altro semplicemente II. De ómnibus rebus. // contenuto é va- rio e giustifica il titolo. II quaderno I - De ómnibus rebus consta di 32 pagine manoscritte e contiene: a) Lavoro e Capitale. Trattasi di un testo dialogato di 5 pagine circa; b) un appunto su alcune battute tra gli on. Bonghi e Mazzarella traite da un resoconto parlamentare della tomata del 24 novembre 1880; c) la notizia, stralciata dalla Voce di Belpiano del 26 novembre 1880, che un maestro e una maestra devono 39 Di particolare interesse due lettere di Errico Malatesta da Londra, del 22 luglio e del 3 setiembre 1881. In questa seconda Malatesta si lamenta del silenzio del Cafiero, probabilmente giá ammalato. 37 partiré insieme ad altri emigranti per il Brasile. II com- mento: «Anche ipoveri insegnanti, per campare la vita, devono cercarsi un tozzo di pane in lontane e scono- sciute ierre...»; d) notizie di assalti a municipi avvenuti tutti nel mese di dicembre in varié localitá e di moti popolari in Italia; é) la trascrizione di un articolo tratto da Lsl Ragione del 18 dicembre 1880 circa la procedura illegale usata durante il processo alia Corte d'Assise di Roma per condannare il Cordigliani; f) una nota del Cafiero che inizia con le parole «Hanno paura», quindi, dopo breve accenno di un fatto accadu- to a Milano, si dilunga su un comizio tenuto a Pisa du- rante il quale un oratore «fece appello alia violenza e alie barricate», provocando la reazione del delegato di polizia, che ordinó lo scioglimento della riunione. Ma lo «squillo dell'autoritá» venne tostó neutralizzato dalle note della fanfara che suonó l'inno di Garibaldi. «E la voce del popólo che incomincia ad imporsi a quella del- la legge» conclude Cafiero; g) una minuta di lettera, con ampie cancellature, datata «Lugano, 14 gennaio 1881» e indirizzata «Agli egregi redattori del giornale Libertas - Rimini», di circa 5 pa- gine; h) la minuta di un appello «A tutti i rivoluzionari di buona volontá» firmata «II Comitato dei Vecchi Ribelli»; 38 i) la minuta della dichiarazione del Cafiero quale rap- presentante al Comizio dei comizi della Societá «Figli del lavoro» di Torino e dei rivoluzionari italiani rifugia- ti a Lugano, datata Lugano, 25 gennaio 1881; l) minuta della lettera, scritta dal Cafiero, intestata «Lugano, 1 febbraio 1881 - Al Cittadino Franco Baldi / Redazione del giornale il Moto - Imola»; m) un estratto da «Costa {Vita di Michele Bakunin - (in- completa) - Bologna, Tip. della Societá Azzoguidi - 1877) Pag. 14». Viniera citazione che termina con le esclamazioni: «Quanto scetticismo in Silvio Pellico. E quanta fede in Michele Bakunin» verrá riportata nella lettera a Oreste Vaccari; n) minuta di una lettera a Oreste [Vaccari] che occupa le restanti pagine e le prime 5 del II quaderno. La mis- siva inizia con «Mió caro Oreste» e porta la data «Lu- gano 2 marzo 1881». II quaderno II - De ómnibus rebus é di 17 pagine ma- noscritte e contiene: a) la continuazione della lettera a Oreste [Vaccari]; b) notizie riguardanti gli arres ti dei socialisti nell 'os fe- ria del Mulinetto di Abano. Figurano fra gli arrestati Cario Monticelli, Oreste Vaccari e Giuseppe Alburno di cui Cafiero scrive «agente di commercio e spia». Fra le corte compromettenti sequestrate agli arrestati, una let- tera di Cipriani dice ch'egli si era ritirato dal Comizio dei comizi e che aveva intenzione di andaré in Romagna 39 per suscitare la rivolta. Piú avanti sotto la data di saba- to 26 marzo, Cafiero annota che otto degli arrestati, tradotti a Milano, sonó stati rilasciati mentre Cipriani, Monticelli, Franzini vengono trattenuti per essere pro- cessati. Tra virgolette si legge: «Sappiamo che la poli- zia ha impegnato tutto il suo onore a montare questa macchina». Nella pagina a flanco Cafiero scrive che Monticelli e Franzini vengono rilasciati in maggio, Ci- priani invece deve rispondere di quattro reati; «Quando gli sifará il processo? Vedremo»; c) minuta di una lettera «Al Signor Giovanni Franzoni, Lugano», datata 28 febbraio 1881 40 ; d) intestazione di una lettera «Al Signor Direttore del giornale La Capitale - Roma». Dopo l'inizio, «Lugano 3 marzo 1881 - Signor Direttore», la lettera resta sospesa; é) la notizia dell'uccisione di tal Pietro Logli penetrato, 40 Ecco il testo della lettera del Cafiero al Franzoni: Al Signor Giovanni Franzoni. Lugano Lugano, 28 febbraio 1881 Caro Signore, se Ella avesse stese le Sue dichiarazioni in per- gamena e controfirmate dal cancelliere di Stato, deposítate nel pubblico archivio, non mi avrebbe presentato un documento piü degno della parola di Emilio Bellerio. Lungi daü'avere piú nulla a chiederLe, ora sonó io che devo renderLe, e moho: ringrazia- menti e gratitudine per avermi procurata la preziosa occasione di riabbracciare, dopo cinque anni circa, il mió carissimo Emilio, che amo con fraterno affetto. Gradisca i miei saluti e mi creda sinceramente suo [senza fir- ma]. 40 insieme ad altri due, nella tenuta reale di Tombolo per far legna. I guardiacaccia, senza intimazione alcuna, spararono uccidendolo e seppellendolo «quasi istanta- neamente all'insaputa della famiglia». II fatto fece in- sorgere la popolazione che ottenne di poterlo seppellire nel cimitero. Altri appunti su uccisioni provócate da sentinelle e avvenute rispettivamente a Pisa a Pavia e a Foligno, sonó riportate nelle pagine seguenti; f) una lista di nomi di «Martiri della Rivoluzione in Russia» caduti tra il 1878 e il 1879; g) appunto del Cqfiero in cui, dopo aver accennato ad una nuova crisi di governo e all'affare Cipriani, si viene a parlare di Andrea Costa in questi termini: «Alia riu- nione di Bologna pronunció queste testuali parole: vo- lete la rivoluzione? Siate la compagnia della morte; ma lasciate che gli altri battano la via che credono piü op- portuna e per la convinzione in cui vivono e per Vattivi- tá di cui sonó capad. A detta riunione solo Arturo Ce- retti e qualche altro sostennero la nostra opinione per la rivoluzione. La Kuliscioff, che parlava di mezzi vio- lenti da adottarsi fu impedita dal proseguiré dalle inter- ruzioni di Andrea Costa. Abbiamo saputo questo da Oreste Vaccari»; h) la trascrizione di due poesie di Mario Rapisardi inti- tolate "Giosué Carducci" e "II canto dei mietitori" i) la notizia da II Secólo del 22-23 luglio 1881 che a Pultawa 119 tra donne e fanciulle, che si erano rifiutate 41 di lavorare, vennero chiuse in un fienile e bruciate. «Tutte perirono miseramente»; /) alcuni fogli inseriti con estratti delV opera «Voyages dans les glaces du póle arctique, par mm. A. Hervé et F. De Lanoye - París, Hachette et Cié, 1863 - Scénes de fa- mine» (relativi a episodi di antropofagia); m) neU'ultima pagina di copertina, internamente, sonó elencati senza altre annotazioni i nomi di scrittori ita- liani in quest'ordine: «1 - Vincenzo Coco - Saggio stori- co sulla rivoluzione di Napoli 2 - Mario Pagano / 3 - Romagnosi / 4 - Beccaria - Dei delitti e delle pene / 5 - Filangeri - La scienza della legislazione / 6 - Vico Van- nini Campanella Telesio Pompanaccio Ruggiero Gravi- na Botta Giannone Colletta». Questo il contenuto dei primi due quaderni. Gli altri sei, come abbiamo detto, sonó occupati dal testo del saggio Rivoluzione. 77 saggio, interamente manoscritto dal Cafiero, é cosi distribuito: il I quaderno, di 32 pp. numérate da 1 a 32; il II quaderno, di 32 pp. numérate da 33 a 64; il III qua- derno, di 32 pp. numérate da 65 a 96; il IV quaderno di 30 pp. numérate da 97 a 126; il V quaderno di 29 pagi- ne non numérate. I cinque quaderni assommano com- plessivamente a 155 pagine circa. II VI quaderno, con intestazione V Copia, riporta alcune partí del III e IV quaderno. Nella pagina interna della copertina del I quaderno é cosi tracciato come frontespizio o Índice il piano del- 42 Vintero saggio che Cafiero aveva in animo di sviluppa- re: I. Rivoluzione é legge naturale, 77. La nostra rivolu- zione, 777. Pratica rivoluzionaria, IV. Morale rivoluziona- ria. Sotto il piano delV opera é indicata la data «Lugano 1880». II primo capitolo é compreso nei quaderni I e II. II secondo capitolo inizia col II e termina col IV quaderno ie corrispondente copia); il terzo capitolo dal titolo Pra- tica rivoluzionaria peraltro incompiuto occupa il V qua- derno, mentre il quarto e ultimo capitolo dal titolo Mo- rale rivoluzionaria manca completamente e presumibil- mente non fu scritto 41 . Da tutto questo materiale ho ritenuto opportuno estrarre per la presente pubblicazione tutta la parte fi- nora inédita del saggio ad eccezione di alcune pagine introduttive del terzo capitolo Pratica rivoluzionaria che si limitano a riprodurre due lunghi passi di Bakunin e di Pisacane. Cosi sonó qui riportati il seguito tutto iné- dito del secondo capitolo La nostra rivoluzione che tratta il tema del comunismo anarchico, sviluppando appunto il noto dis corso di La-Chaux-de-Fonds, e la parte essenziale del terzo capitolo che tratta il tema del- 41 Fra le carte sequestrate al Cafiero si trova solo un frammen- to (BAr 190), intitolato Morale: «Immoralitá del diré e non fare. Immoralitá di tutti questi sodalizi pubblici, veré accademie rivo- luzionarie pales tre di rettorica nelle quali la rivoluzione si fa se- duta stante a parole, ma dalle quali non esce né potrebbe uscire un solo fatto capace di giovare menomamente aU'avvenimento della rivoluzione vera». 43 la propaganda del fatto, giá affrontato nelV articolo L'action. Ho infine aggiunto le pagine piú interessanti traite dai quaderni De ómnibus rebus e cioé il Dialogo fra Crepafame e Succhiasangue, la lettera al giornale rimi- nese Libertas e la lettera al giornale imolese II Moto. Gian Cario Maffei 44 DAL MANOSCRITTO "RIVOLUZIONE": ANARCHIA E COMUNISMO 45 II nostro idéale rivoluzionario é Tantico idéale di tutti coloro che non vollero rassegnarsi all'oppressione ed alio sfruttamento, e si compone per noi, come per i no- stri predecessori, dei due non meno antichi termini: Li- berta ed Eguaglianza. Antico quanto la servitú umana cioé quanto l'umanitá, questo idéale ebbe sempre un'applicazione limitata e parziale, grazie agli sforzi de' reazionarii, che arrestaro- no in ogni época il corso della rivoluzione. A dispetto pero di tutte le passate e presenti reazioni, esso é venuto successivamente allargandosi, e sta per realizzare, nella nostra rivoluzione, la sua piú completa applicazione. Edotti dalla storia del passato, che ci mostra gl'infiniti inganni, messi in opera dai reazionari di ogni specie e di ogni tempo, per diminuiré, alterare e falsare il valore reale della liberta e dell'eguaglianza, cioé della rivolu- zione stessa, noi ci siamo awisati di mettere accanto al- l'espressione di queste due monete, tante volte falsifíca- te, la cifra esatta del valore che esse devono realmente conteneré, per essere da noi accettate per buone monete. E l'eterno riscatto dell'umanitá che dobbiamo pagare con queste due preziosissime monete, e l'operazione non si compirá mai sino a che in esse il valore reale non ri- sponderá esattissimamente al valore nominale. 46 Ora, il valore reale della liberta e dell'eguaglianza noi lo esprimiamo con i due termini: Anarchia e Comuni- smo. Per conseguenza, noi non accetteremo per vera se non quella liberta che corrisponderá, che sará perfettamente uguale, perfettamente equivalente all'anarchia, ed ogni altra sará per noi liberta falsa e menzognera: non accet- teremo per vera eguaglianza se non quella che corri- sponderá, che sará perfettamente uguale, perfettamente equivalente al comunismo, ed ogni altra pretesa egua- glianza sará per noi falsa e menzognera. Dunque, se per noi libertá é uguale all'anarchia e l'e- guaglianza al comunismo, la nostra formula rivoluzio- naria sará: (Rivoluzione) = (Libertá ed Eguaglianza) = (Anarchia e Comunismo). Anarchia e comunismo, come forza e materia, sonó due termini che dovrebbero formare un termine solo, perché essi esprimono collettivamente un solo concetto. La sottomissione de' nullatenenti, grande maggioran- za dell'umanitá, agli accaparratori delle materie di lavo- ro e de' mezzi di lavoro, piccola minoranza, é la causa prima di ogni oppressione e sfruttamento, di ogni ine- guaglianza, dispotismo e abbruttimento umano. Riven- dicare alia comunitá umana le materie ed i mezzi di la- voro, sorgenti della vita di tutti, é rivendicare la libertá e l'eguaglianza di tutti gli uomini. Ma a guardia del tesoro rapitoci trovasi lo Stato con tutte le sue autoritá costitui- te e la sua forza armata, ostacoli che dobbiamo abbattere se vogliamo mettere la mano sul nostro bene. E per con- 47 seguenza, benché gemelli siano i due termini della no- stra rivoluzione, l'anarchia é destinata per la prima ad uscire dall'alvo materno, e fare la strada al comunismo. * * * Anarchia vuol diré assenza di potere, assenza di auto- rita, assenza di gerarchia, assenza di ordine prestabilito - ordine stabilito dai pochi o dai primi, che é legge pe' molti o pe' secondi. E mai possibile di essere libero quando si é sottoposto ad un potere o ad un'autoritá qualunque? Si puó mai considerare libero quell'uomo che puó ricevere un co- mando da un altro uomo? Dov'é mai la nostra liberta, quando noi siamo costretti dalla legge a conformarci ad un ordine prestabilito, il quale ci riesce giá insopportabi- le per il solo fatto che ci é imposto? Un vero amico della liberta deve essere nemico di ogni potere, di ogni autori- tá, di ogni comando, di ogni elevazione di uomo al diso- pra di altri uomini, deve essere nemico di ogni legge, di ogn'ordine prestabilito, deve essere, in una parola, un anarchista. La vera liberta non si otterrá che nell'anarchia, che é per conseguenza il primo termine necessario della rivo- luzione. Oggi, l'anarchia vuole che si attacchi, si com- batía e si distrugga lo Stato, che é l'organismo di tutti i poteri costituiti: la grande macchina politica che oppri- me l'uomo, assicurandone lo sfruttamento. Ma fatta ta- vola rasa di tutto l'ordine esistente, l'anarchia esige che 48 s'impedisca ogni nuovo impianto di autoritá, ogni nuova supremazia, ogni nuovo dispotismo, ogni impianto di nuovo Stato. Oggi, l'anarchia ha un carattere aggressivo e distrutti- vo: domani avrá un carattere preservativo e protettivo. Oggi é rivoluzione diretta: domani rivoluzione indiretta, impedimento della reazione. Anarchia oggi é sdegno, odio mortale e guerra eterna contro tutti gli oppressori e sfruttatori esistenti sulla tér- ra, é la rivendicazione imprescrittibile degli oppressi, é il loro patto di alleanza, il loro grido di guerra - guerra al coltello sino a che sulla térra rimarrá ancora un solo padrone, un solo sfruttatore. Anarchia é rivolta incessan- te, in permanenza, contro ogni ordine costituito, guerra alio Stato e ad ogni sua autoritá, fatta in tutti i modi e sotto tutte le forme possibili: con lo scritto ed ogni altro segno esterno, con gli atti di sprezzo e di ostilitá, e so- prattutto con le armi. Ma domani, abbattuti gli ostacoli, anarchia sará solidarietá ed amore: liberta completa di tutti. Essa formerá l'ambiente necessario alio sviluppo della felicita umana, alio sviluppo della vera liberta e della vera eguaglianza, all'avvenimento ed alio stabili- mento definitivo della rivoluzione fra gli uomini. Anar- chia sará domani libero e completo sviluppo dell'indivi- duo, che spinto solamente dai suoi gusti, dalle sue ten- denze e simpatie, si associerá con gli altri nel gruppo, nella corporazione od associazione che dir si voglia, le quali alia loro volta si federeranno liberamente nel co- mune, come i comuni nella regione, le regioni nella na- 49 zione e le nazioni nell'umanitá. I bisogni della lotta contro i comuni oppressori, dap- prima e poseía i bisogni della vita - bisogni di produzio- ne e di consumazione - porteranno essi stessi gli uomini a riunirsi nella grande federazione della sociabilitá uma- na. «Come é assurda la gerarchia fra gl'individui, lo é fra i comuni. Ogni comune non puó essere che una libera associazione d'individui, e la nazione una libera associa- zione dei comuni» 42 L'anarchia é la federazione dell'unione, l'organizza- zione della liberta. Essa combatte lo Stato popolare o Stato comunista, che sarebbe l'accentramento dell'unitá, l'organizzazione dell'oppressione comune. V'ha dei socialisti che dichiarano necessaria la forma- zione di un nuovo Stato per realizzare l'emancipazione del proletariato. Come i nemici dell'ateismo vogliono conservare dio e la sua fede per il «bene del popólo», parimenti i sociali- sti nemici dell'anarchia - ateismo della térra come del cielo - vogliono conservare l'istituzione dello Stato, per fare il «bene del popólo», cioé per continuare a guidar- lo. La pretesa di costoro é l'ultimo tentativo che fa il principio di autoritá per mantenersi ancora fra gli uomi- ni, e poiché gli ultimi sforzi sonó i piú disperati ed auda- 42 Pisacane, La Rivoluzione, p. 94 (p. 81 - penúltimo paragra- fo) 50 ci, noi dobbiamo armarci da capo a piedi per combatterli con tutte le nostre forze. Noi non possiamo e non vogliamo mettere mínima- mente in dubbio la loro buona fede; anche se malafede ci fosse in alcuni di essi noi qui dobbiamo assolutamen- te escluderla; siamo convinti che essi agiscono col piú retto sentimento, al solo scopo di conseguiré l'emancipa- zione del proletariato nell'emancipazione dell'umanitá; e che se vogliono daré al nuovo ordinamento sociale una forma ufficiale, se vogliono costituire un nuovo Stato, egli é appunto perché stimano poter cosi assicurare quelle conquiste della rivoluzione che sonó il fine delle nostre comuni aspirazioni. Ma i primi padri della Chiesa non ebbero forse il me- desimo scopo nel daré una forma ufficiale alie aspira- zioni della idea Cristiana? E le grandi figure di quella ri- voluzione borghese, che fu pur grande e che si rimpic- ciolisce solo innanzi a quella ancora piú grande che pre- para oggi il proletariato, che cosa mai si proposero essi leggiferando, codificando e costituendo uno Stato ben piú potente del monarchico feudale da essi abbattuto? Che cosa mai si proposero quegli uomini, essi puré in buona fede, se non il consolidamento delle loro conqui- ste rivoluzionarie? Noi incontriamo spesso dei socialisti che si ridono delle glorióse conquiste della rivoluzione borghese: ne hanno ben donde se sonó anarchisti, ma se sonó autori- tarii o partigiani dello Stato popolare, hanno torto mar- cio di ridere di coloro che hanno fatto ieri ció ch'essi si 51 propongono di fare domani. Con tutta la loro buona fede, se essi giungono a costituire il loro Stato popolare, avranno nello stesso tempo strozzata la rivoluzione, ne avranno arréstate il suo corso; ed i benefici principii ri- voluzionari diventeranno malefici, perché avranno a loro volta trovato i loro sfruttatori, e saranno diventati per un quinto stato le ridicole conquiste glorióse del quarto stato. Con tutta la loro buona fede, i socialisti au- toritarii non saranno meno reazionarii di quanto lo furo- no il prete per la rivoluzione cristiana ed il capitalista per la rivoluzione borghese. Come mai lo Stato, istitu- zione essenzialmente maléfica, potrebbe acquistare la virtú di fare il bene? II bene puó essere mai l'attributo dell'oppressore o del tiranno? - del re, per esempio, o di dio? Se dio esistesse, ogni rivoluzionario cospirerebbe cer- tamente contro di lui, come si cospira contro i re, e si unirebbe a Satana - questa splendida figura della rivolta - per tentare fatti audaci contro il piú crudele e scellera- to, perché il piú assoluto e potente, di tutti i tiranni. Si cospira contro i re ed i potenti della térra: si attacca e si vuol buttare giú lo Stato borghese... ma per costi- tuirvi al suo luogo un nuovo Stato, che avrá la bella dif- ferenza d'intitolarsi: Stato popolare! L'autoritá, sotto qualunque forma essa si presenti, sará sempre la peste del genere umano. La sua volontá non potra esprimersi che con la legge, e le leggi non si applicano senza birri. Che l'autoritá s'intitoli popolare, che la legge s'intitoli popolare, che i birri s'intitolino 52 guardie di sicurezza, guardiani della pace o guardie del- la liberta, la cosa resta assolutamente la stessa. Noi non vogliamo piú né autoritá, né legge, né birri. Noi non vogliamo piú sopportare alcun giogo; sia esso dipinto bianco, tricolore o rosso. «Le gerarchie, l'autoritá, violazione manifesta delle leggi di natura, vanno divelte. La pirámide - Dio, il re, i migliori, la plebe - adeguata alia base». 43 Per sottomettersi aH'autoritá bisogna avere una fede religiosa. In forza di quale principio sottometterete le masse alia vostra autoritá? Sino a che il bastone del co- mando era la verga di Mosé, lo scettro di Carlomagno, lo si adorava; ma quando diventa il braccio dei mercan- ti, il popólo lo spezza e lo getta al fuoco. II cosí detto Stato popolare sarebbe infinitamente piú oppressore dello Stato borghese, perché il suo dispoti- smo sarebbe uguale al dispotismo politico dello Stato at- tuale, piú la somma del dispotismo económico di tutti i capitalisti, il cui capitale passerebbe nelle mani dello Stato popolare; il turto moltiplicato per l'aumento di ac- centramento, necessariamente richiesto dal nuovo Stato politico ed económico ad un tempo. (Dispotismo dello Stato popolare) = (Dispotismo po- litico presente) + (Dispotismo económico di tutti i capi- talisti) x (x gradi di accentramento). E per soddisfare ai bisogni di questo nuovo e terribile mostró, quale nuovo e mostruoso meccanismo burocra- 43 Pisacane, La Rivoluzione, p. 93. 53 tico non sarebbe necessario creare? Che esercito d'im- piegati iniziati nei complicatissimi misteri di governo? Classe distinta e superiore al popólo, e perció stesso ti- rannica ed odiosa; questi pervenuti del quarto stato sa- ranno nuovi e piú terribili oppressori politici e sfruttatori economici; detentori del potere e del capitale, come av- viene a chi maneggia il miele, non rimarranno con le mani nette. Addio emancipazione umana, addio liberta! Avrem- mo, invece del terzo stato, la dominazione del quarto, che opprimerebbe e sfrutterebbe un quinto. E questi operai pervenuti al potere, sarebbero tanto piú esosi e disgustevoli dei borghesi, quanto questi lo sonó della nobiltá medioevale. Ancora una volta si arresterebbe il corso della rivoluzione, e, sia in buona fede per affer- marne le sue Conquiste, sia in malafede per isfruttarla, ancora una volta sarebbe sotterrata con un bel program- ma di reazione messo sulla sua tomba a mo' di epitaffio. Non c'é da prestare alcuna fede, a coloro che dicono volersi impossessare dello Stato, per distruggerlo a lotta finita: «volere impossessarsi della fortezza per ismantel- larla». No, no, costoro vogliono ingannarci, se non s'in- gannano essi stessi. Tutti i governi, sedicenti liberatori, promisero di smantellare le fortezze erette dalla tirannia per tenere in soggezione il popólo; ma, una volta insediati, lungi dal- lo smantellarle, le fortificarono ancor meglio, per conti- nuare a servirsene contro il popólo. Le Bastiglie le ab- battono i popoli: i governi le costruiscono e le conserva- 54 no. II suicidio non é nell'ordine naturale. Nessun potere, nessuna autoritá al mondo si é mai distrutta da se stessa. Nessun tiranno, entrato nella fortezza, l'ha mai smantel- lata. Al contrario, qualsiasi organismo autoritario, qual- siasi tirannide tende sempre, per la sua natura stessa, ad allargarsi, ad affermarsi sempre piú. II potere ubriaca, ed i migliori, investiti di autoritá, diventano pessimi. «II piú grande amatore di liberta, non appena assume il po- tere, se non é uomo dappoco, vuole che turto pieghi alia sua volontá». 44 II potere da le vertigini e la follia. Folie é giá Masa- niello quando indossa abiti reali; folie é Michele di Lan- do, quando gonfaloniere, riceve a colpi di spada i suoi antichi compagni della sedizione; eppure Tuno e l'altro, a piedi scalzi, erano stati i piú bravi campioni della ri- volta popolare. Si sonó elevati al di sopra degli altri, hanno assunto il potere e tanto é bastato perché da ribel- li si tramutassero in tiranni vigliacchi. II principio rivoluzionario deve rimanere nel popólo per essere fecondo. Passato nel governo e ricevuta la sua forma ufficiale, é tostó sviato, snaturato e sfruttato, da rivoluzione diventa reazione: da liberta ed eguaglianza, si trasmuta in oppressione e sfruttamento. No, no; la fortezza dobbiamo attaccarla tutti insieme e smantellarla a rasa térra, senza che alcuno ne prenda possesso; lo stato lo vogliamo distruggere da cima a fondo, prima di permettere ad alcuno di costituirsi nuo- 44 Pisacane, La Rivoluzione, pag. 137. 55 vo padrone e nuovo oppressore. Gelosi propugnatori della liberta, non deporremo le armi sino a che l'anarchia non sará un fatto compiuto nel mondo; imperocché, contrariamente a quanto ci si vor- rebbe daré ad intendere da certi partigiani dello Stato popolare, noi abbiamo ampia ragione di temeré per la li- berta, anche quando l'eguaglianza fosse giá attuata. Eh che! Non si veggono forse le comunitá religiose, nelle quali regna la piú perfetta eguaglianza, senza che vi sia la menoma ombra di liberta? Ed é perfetta egua- glianza quella; perché il capo é sottoposto alia regola comune e mangia, veste ed abita assolutamente nella stessa guisa che tutti gli altri frati, dai quali non si di- stingue che per la supremazia del comando. E gli stessi partigiani dello Stato popolare, senza la nostra opposi- zione, fmirebbero per stabilire uno stato di perfetta eguaglianza, certamente, ma di non meno perfetta op- pressione genérale. Alia scuola, al reggimento, alia pri- gione v'ha puré un'eguaglianza: una eguaglianza di op- pressione e di dispotismo, non molto diversa da quella che conseguiremmo nello Stato popolare. Nell'emancipazione umana l'uomo deve ritrovare la capacita di poter soddisfare completamente tutti suoi bi- sogni, tanto fisici che morali; le esigenze del ventre, come quelle dello spirito, le quali sonó - e piú ancora nella nuova civiltá saranno - imperiose quanto le prime. Non é dunque alia questione del ventre che si riduce la questione dell'emancipazione umana, come alcuni socia- listi autoritari vorrebbero persuaderci, per poter poi con- 56 cludere che con l'eguaglianza económica si guarirebbero tutti i nostri mali. II ventre certamente ci ha la sua buona parte, e la parte principale, ma non é tutto. II truogolo ben fornito puó fare la felicita dei maiali, ma non quella degli uomini; per gli uomini ci vuole quello e ben altro ancora: non solamente l'emancipazione del corpo, ma anche quella dello spirito non solamente l'eguaglianza, ma anche la liberta. «La sola liberta puó risolvere il complicato problema, abrogando ogni legge, dichiarando libero ed indipen- dente ogni comune, ogni cittadino; si spezzano le pasto- ie domestiche, le differenze; i limiti de' varii stati spari- scono, e dall'eguaglianza l'unitá risulta di fatto, e cosi non sará l'effetto di un nuovo patto imposto, ma la natu- rale conseguenza dell'abolizione di ogni patto». 45 * * * Alcuni sedicenti rivoluzionarii credono di aver piena- mente giustificato il loro appellativo, quando si sonó di- chiarati partigiani della forza o dei mezzi violenti. Noi, che pur siamo caldi partigiani della violenza, perché crediamo alia sua ineluttabile necessitá, perché sin dal- l'infanzia imparammo che senza effusione di sangue non v'ha redenzione, crediamo pero che se la rivoluzione fino ad oggi é stata, e per un pezzetto ancora sará sem- pre violenza, la violenza non é stata e non sará sempre rivoluzione. La violenza delle masse sollevate é rivolu- 45 Pisacane, La Rivoluzione, pag. 66. 57 zione, ma quella impiegata dall'autoritá o potere costi- tuito é controrivoluzione, é reazione. La prima scatena e distrugge, la seconda inceppa e ricostituisce; la prima per la sua natura stessa non puó produrre che il bene, la seconda non ha che la potenza del male. Regolare, regolamentare, leggiferare e guidare sonó cose diametralmente opposte alia rivoluzione; l'idea di una rivoluzione regolata o diretta é tanto contraddittoria, quanto quella del bene generato daH'autoritá. In rivoluzione bisogna preoccuparsi soprattutto di de- molire, di distruggere e sempre distruggere sino alio sta- bilimento completo e definitivo della rivoluzione che, piú non ostacolata, seguiterá da sé sola Topera d'inces- sante trasformazione. Con Bakunin, diremo: «In rivoluzione, siamo nemici di turto ció che tiene da presso o da lungi al sistema au- toritario, di ogni pretensione alia direzione ufficiale del popólo e per conseguenza di turto ció che si chiama dit- tatura rivoluzionaria, o governo prowisorio; convinti che ogni potere governativo, per quanto rivoluzionario e per quanto transitorio si dica, non puote avere altro sco- po che di perpetuarsi. Le rivoluzioni si fanno dal popó- lo, non possono risiedere che in lui, ed ogni potere che si costituisce al di sopra del popólo, gli é fatalmente contrario. Come noi abbiamo piena fiducia negli istinti delle masse popolari, il nostro mezzo di rivoluzione é nello scatenamento organizzato di ció che chiamasi cat- tive passioni, e nella distruzione di ció che, nel medesi- mo linguaggio borghese, chiamasi ordine pubblico. Noi 58 invochiamo l'anarchia, questa manifestazione della vita e delle aspirazioni popolari, dalla quale devono uscire, con e per mezzo della liberta, l'eguaglianza vera di tutti e di tutte, l'ordine nuovo fondato sullo sviluppo intégra- le e sul lavoro liberamente organizzato di tutti e di tutte, e la forza stessa della rivoluzione». 46 * * * Alcuni de' nostri awersarii ci accusano spesso di non avere programma. Se per programma s'intende una nuo- va forma elaborata in tutti i suoi piú minuti particolari, nella quale si vuol mettere l'umanitá di buon volere o di forza, il diré che non abbiamo programma é renderci la piú amplia giustizia, qualificarci per veri amici della ri- voluzione, per anarchisti quali ci vantiamo. 47 Ma se per programma s'intende una meta con la strada che vi mena, uno scopo con la designazione dei mezzi per rag- giungerlo, una bandiera di lotta per la vita e per la mor- te, un idéale della nostra esistenza, allora noi risponde- remo che l'accusa é assolutamente gratuita, perché noi 46 Bakunin - Programma della Fratellanza socialista rivolu- zionaria. Dal testo origínale scritto turto di mano di Bakunin nel setiembre del 1872 in Zurigo. Questo programma sará integralmente pubblicato in una bio- grafía di Bakunin, che mi propongo di daré alie stampe in seguito al presente lavoro. 47 Un rappresentante anarchista al Congresso dell'Hávre di- chiarava presentando il suo mandato, che il solo statuto della sua associazione era di non avere alcun statuto. 59 abbiamo un programma, e chiaro, netto e preciso. La prima parola del nostro programma é anarchia, che ne contiene, per cosi diré, la sua quinta essenza e tutto in essa sola lo sintetizza. Se, come giá dicemmo, l'eguaglianza económica é tutt'altro che impossibile sen- za la liberta, l'anarchia al contrario esige la piú completa eguaglianza fra gli uomini. Non solo l'ideale, ma la nostra pratica e la nostra inó- rale rivoluzionaria sonó eziandio contenute nell'anar- chia; la quale viene cosi a formare il nostro tutto rivolu- zionario. E per ció che noi l'invochiamo come l'aweni- mento completo e definitivo della rivoluzione: la rivolu- zione per la rivoluzione. A noi, dell'anarchia, é confidata solamente la missio- ne distruttrice. Noi forse periremo in un'avvisaglia od ai primi colpi della grande giornata; forse a qualcuno sará dato persino mirare i primi albori dell'awenimento umano. In tutti i casi, noi cadremo soddisfatti. Soddi- sfatti di avere concorso alia certa rovina di questo mon- do iniquo, crudele, infame; che, crollando, ci seppellirá nella piú gloriosa tomba concessa mai a combattenti. Ben altri uomini nasceranno dalle viscere stesse della feconda rivoluzione, per assumere il compito di attuare la parte positiva ed orgánica dell'anarchia. Odio, guerra e distruzione a noi, ad essi amore, pace e felicita. * * * 60 Comunismo é comunione di beni: la messa in comune di tutta la ricchezza esistente, che si usa in comune nella produzione, come nella consumazione. Comunismo, oggi, prima della rivoluzione, é attacco alia proprietá; domani, nella rivoluzione, sará presa di possesso da parte del popólo, ed in nome di tutta l'uma- nitá, di quanta mai ricchezza esiste in sulla térra; dopo- domani, compiuto il movimento, comunismo sará il go- dimento comune di tutta la ricchezza esistente, da parte di tutti gli uomini, secondo il principio: Da ciascuno se- condo le sue facoltá, a ciascuno secondo i suoi bisogni; cioé a diré: Da ciascuno ed a ciascuno a volontá. Cominciamo anzitutto dall'osservare che la presa di possesso ed il godimento di tutta la ricchezza esistente deve essere, secondo noi, il fatto del popólo stesso. Sic- come il popólo, 1'umanitá non é un individuo, che possa prendere e tenere nelle sue due mani tutta la ricchezza esistente, si é concluso dai comunisti dello Stato, che bi- sogna perció delegare dei rappresentanti, dei depositan della ricchezza comune: istituire, in altri termini, tutta una classe di direttori della comune economia. Noi non dividiamo questa opinione. Noi non vogliamo interme- dian; non vogliamo rappresentanti, che finiscono sem- pre per non rappresentare che loro stessi; non vogliamo mediatori dell'eguaglianza, piú che mediatori della liber- ta; non vogliamo nuovo governo; non vogliamo nuovo Stato, per quanto lo si voglia diré popolare e democráti- co, rivoluzionario o prowisorio. La ricchezza comune, essendo disseminata su tutta la 61 térra, pur appartenendo di diritto all'umanitá intera, sará utilizzata in comune da coloro che si troveranno alia portata di essa ed in misura di utilizzarla. E la delega- zione naturale che fa l'umanitá intera ad una parte di essa, di esercitare una parte dell'intero suo diritto sulla ricchezza esistente. Le genti di questo paese utilizzeran- no la térra, le macchine, gli opificii, le case ecc. di que- sto paese e se ne serviranno tutti in comune. Parte del- l'umanitá, eserciteranno il loro diritto qui, di fatto e di- rettamente, su di una parte della ricchezza umana. Ma se un abitante di Pechino venisse in questo paese, si trove - rebbe nei medesimi diritti degli altri: egli godrebbe in comune cogli altri di tutta la ricchezza del paese, nella stessa guisa che avrebbe fatto a Pechino. L'agglomeramento degli individui del medesimo me- stiere, richiesto naturalmente dalla grande fattoria o dal grande opificio meccanico, creerá la cosidetta corpora- zione, societá o sezione di mestiere, che sará probabil- mente la forma sotto la quale si organizzerá il lavoro nel comune. Ma se questa corporazione o sezione di mestie- re deterrá ed userá la parte di capitale che le concerne, ció non vuol diré che essa ne sará proprietaria. II diritto di proprietá rimane indiviso e indivisibile in tutta quanta l'umanitá e noi non saremo mai partigiani della corpora- zione proprietaria piú che dello Stato proprietario. Bel negozio faremmo dawero, distruggendo lo Stato per so- stituirgli una moltitudine di piccoli Stati! Uccidere il mostró da una testa, per sostituirgliene uno a mille teste! No; l'abbiamo detto e non cesseremo di ripeterlo: non 62 vogliamo intermediari, non vogliamo agenti, mezzani e servitori prestanti, che finiscono sempre per diventare i veri padroni: noi vogliamo che tutta la ricchezza esisten- te sia presa direttamente dal popólo stesso, che sia con- servata nelle sue mani potenti, e che egli stesso, decida del modo migliore di goderne, sia per la produzione, che per la consumazione. Ma, ci si domanda, si potra attuare il comunismo? Avremo abbastanza prodotti per lasciare a ciascuno il diritto di préndeme a volontá, senza reclamare dagli in- dividui piú lavoro di quanto essi stessi ne vorranno daré? Si, noi rispondiamo. Certamente che si potra applica- re il principio: Da ciascuno ed a ciascuno a volontá; per- ché, nella societá futura, la produzione sará si abbon- dante, che non vi sará il minimo bisogno di limitare la consumazione, né di reclamare dagli uomini piú lavoro di quanto ne potranno o vorranno daré. Quest'immenso aumento di produzione, del quale non possiamo oggi nemmeno farci un'idea, si puó indovinare esaminando le cause che lo provocheranno, le quali pos- sono ridursi alie tre principali: 1) L'armonia della cooperazione nelle diverse bran- che dell'attivitá umana, sostituita alia lotta deH'attuale sistema della concorrenza. 2) L'introduzione immensa di macchine di ogni spe- cie. 63 3) L'economia considerevole di forze di lavoro, di materie di lavoro e di mezzi di lavoro, realizzata dalla soppressione della produzione nociva ed inutile. Oggi, nel sistema di produzione capitalistica, tutto é concorrenza, lotta: lotta accanita che si fa tra capitalista e capitalista, tra lavoratore e lavoratore, tra lavoratore e capitalista: lotta da individuo ad individuo, da regione a regione, da nazione a nazione. E una guerra al coltello, nella quale la morte dell'uno é la vita dell'altro. Un ope- raio trova lavoro la dove un altro lo perde; il capitalista si arricchisce con l'introduzione delle macchine, miglia- ia di operai sonó sbalzati sul lastrico; un'industria o piú industrie prosperano, altre periclitano; un capitalista si arricchisce per la stessa causa, in ragione inversa, che altri falliscono. Ora, nella societá futura, come abbiamo giá detto: Non piú lotta fra uomini ed uomini : ma lotta in comune di tutti gli uomini riuniti, per la piú grande conquista ed il piú grande sfruttamento delle forze naturali. Non piú ciascuno per sé contro tutti, e tutti contro ciascuno; ma ciascuno per tutti e tutti per ciascuno. Ognuno puó im- maginarsi quale immenso cambiamento si otterrá nei ri- sultati della produzione. Quanto non sará aumentata la produzione quando ogni uomo, lungi dal dover lottare contro gli altri, sará da essi aiutato, avendoli non piú ne- mici ma cooperatori? Se il lavoro semplicemente coope- rativo di 10, dieci uomini, ottiene risultati assolutamente impossibili per un uomo solo, quanto mai grandi non sa- 64 ranno i risultati che si otterranno dalla grande coopera- zione di tutti gli uomini, che oggi lavorano in istato di continua e reciproca ostilitá? E le macchine? L'apparizione di questi potenti mezzi di lavoro, per grande che possa sembrarci oggi, non é che infinitamente piccola in paragone di quella che sará nella societá a venire. L'introduzione delle macchine é oggi ostacolata so- vente dall'interesse del capitalista, il quale «é diretto ne' suoi calcoli dalla differenza di valore tra le macchine e le forze di lavoro ch'esse possono spostare» 48 Le macchine oggi non hanno per iscopo di alleggerire la minima pena al lavoratore, ma solamente di creare maggior quantitá di plusvalore per ingrossare sempre piú il capitale. 49 E quindi il benefizio, il tanto per cento di guadagno la sola ragione che possa oggi renderle ac- cette. Quante macchine restaño senza la minima appli- cazione, perché il loro uso costerebbe al capitalista piú di quanto gli costa la forza di lavoro che con quelle do- vrebbe supplire! La condizione piú vile e misera del la- voratore dedito ad un genere di lavori piú penosi é ap- punto la ragione che impedisce la introduzione delle macchine in quel genere di lavori. II capitalista compra allora la sua forza di lavoro ad un prezzo tanto basso che non puó trovare la minima convenienza ad eseguire quel lavoro con le macchine. «Egli é cosi che in Inghil- 48 Marx, Le Capital, pag. 170. 49 Idem, pag. 161. 65 térra, il paese delle macchine, la forza umana é prodiga- ta per bagatella col piú grande cinismo». 50 Si vede da ció tutta la stupiditá di coloro che vengono fuori ad obiettarci con aria da uomini di spirito: Chi spazzerá le strade? Chi vuoterá i cessi? ecc. Tutto ció sará fatto dalle macchine; le quali non saranno piú in- véntate ed applicate in ragione inversa, ma in ragione diretta della pena física e morale di un dato genere di la- voro. II lavoratore stesso oggi é nemico delle macchine e con ragione, poiché esse sonó per lui mostri affamatori, che vengono a degradarlo, a torturarlo, a schiacciarlo. Ma quanto non sará grande il suo interesse ad aumentar- ne il numero, quando non piú servo delle macchine, ma con le macchine al suo servizio, lavorerá per suo proprio contó? Infine bisogna calcolare l'immensa economia che si realizzerá sui tre elementi del lavoro: la forza, la materia ed i mezzi di lavoro, oggi orribilmente sciupati in una produzione assolutamente inutile, quando non é nociva all'umanitá. L'enumerazione sarebbe lunga, ma ci baste- ra citare l'armata di térra e di mare ed il loro rispettivo armamento; la costruzione e la manutenzione delle for- tezze, delle caserme, dei navigli, degli arsenali, dei can- noni e di quant'altro é richiesto per la guerra; le prigioni e quanto concerne la polizia e la giustizia; le chiese e quanto concerne il culto. E senza andaré piú innanzi, 50 Marx, o. c, p. 170. 66 non vede chiaramente ognuno quante mai braccia, quan- ta materia e mezzi di lavoro occupano tutte queste cose tanto dannose all'umanitá? E quanto prodigiosa non sará la produzione delle cose utili a tutti, quando a questo solo scopo saranno impiegate daH'umanitá tutte le forze, tutte le materie e tutti i mezzi di lavoro? Questa economia di forze di lavoro, materie di lavoro e mezzi di lavoro si realizzerá immediatamente, comin- ciata appena la rivoluzione; e per questo solo fatto non é a temeré che fin da principio, quando le macchine non saranno ancora auméntate, la produzione possa scarseg- giare. Basta gettare un'occhiata sulle statistiche del con- sumo della classe dominante per persuadersene. Un illustre descrittore della térra ha detto: «La térra é abbastanza vasta per portarci tutti nel suo seno, abba- stanza ricca per farci vivere tutti nell'agiatezza. Essa puó daré abbastanza piante fibrose perché tutti abbiano da vestirsi, essa ha abbastanza pietre ed argüía per dar case a tutti. C'é posto per tutti i fratelli nel banchetto della vita. Ecco il fatto nella sua semplicitá económica». 51 Si, il comunismo é attuabile. Si potra perfettamente lasciare ad ognuno prendere a volontá di ció che avrá bi- sogno, perché ve ne sará abbastanza per tutti; non vi sará bisogno di domandare piú lavoro di quanto ognuno ne vorrá daré, perché vi sará sempre abbastanza prodotti per l'indomani. 51 Elíseo Reclus - Conferenza fatta a Ginevra il 5 febbraio 1880, pubblicata nel n. 1, vol. II della Rivista internazionale del Socialismo. 67 E quest'abbondanza, che trasportando la necessitá di lavorare per vivere dall'individuo alia comunitá umana, libera il lavoro individúale da ogni carattere di peso e di asservimento, lasciandogli solamente l'attrattiva di un bisogno físico e morale, assolutamente eguale a tutti gli altri bisogni di un completo sviluppo umano: studiare, vivere con la natura, ammirare il bello delle opere del- l'arte, amare, ecc. Non basta a noi mostrare che il comunismo é possibi- le; vi é mestieri provare eziandio che é necessario. Non solamente si puó essere comunista, ma bisogna esserlo sotto pena di mancare lo scopo della rivoluzione. Infatti, se dopo aver messo in comune i mezzi di la- voro, si mantiene l'appropriazione individúale dei pro- dotti del lavoro, bisognerá necessariamente conservare eziandio la moneta od un suo equivalente, ammettere, insomma, una accumulazione di ricchezza piú o meno grande a seconda del piú o meno mérito, o meglio di abilitá degli individui. Coloro che giungeranno a posse- dere piú ricchezza, si eleveranno al di sopra del livello degli altri e l'uguaglianza scomparirá. Non rimarrá aho- ra che un sol passo da fare ai controrivoluzionari per ri- stabilire il diritto di ereditá, e le proposte non manche - ranno. II lavoro umano o é realizzato o é in potenza: o é il prodotto o é la forza di lavoro. Nel primo caso, esso of- fre una soddisfazione ai bisogni umani; nel secondo, di- manda una soddisfazione ai bisogni del lavoratore: di- 68 manda le cose necessarie alia conservazione della forza del lavoro. Nel primo caso, il lavoro trovasi su di un ter- reno di perfetta eguaglianza, perché tutte le utilitá uma- ne, per quanto varié, sonó sempre egualmente degne e rispettabili, perché tutte le soddisfazioni de' nostri biso- gni, per quanto diverse, sonó egualmente necessarie e giuste. Ma nel secondo caso, quando il lavoro é potenza o forza di lavoro, quando esso esige, cioé, la soddisfa- zione de' bisogni del lavoratore, esso trovasi in tanta di- suguaglianza quanta é disuguale la condizione dei pos- sessori stessi della forza di lavoro. E la disuguaglianza di lavoratori che si riflette sul lavoro e lo marca col suo sigillo. Se il sezionare fetenti cadaveri é mestiere piú nobile del sezionare buoi e montoni, egli é appunto per- ché l'anatomico si trova in condizioni materiali e morali di gran lunga superiori a quella del povero macellaio. La medesima operazione, come per esempio la manipola- zione del concime, é nobile od ignobile a seconda che viene compiuta da un povero giornaliero o da un profes- sore di agronomia. Uno dei piú belli risultati del comunismo sará quello di rendere perfettamente uguali tutte le varié specie di lavoro, uguagliando appunto la condizione stessa del la- voratore, attribuendogli, cioé, tutto ció che richiede la reintegrazione delle sue forze, tutto ció che dimandano i suoi bisogni. Vi si oppone l'attribuzione individúale dei prodotti del lavoro, che verrebbe a ristabilire l'inegua- glianza fra gli uomini mercé l'ineguaglianza fra le diver- se specie di lavoro. Si vedrebbe ricomparire immediata- 69 mente il lavoro «pulito» ed il lavoro «sporco», il lavoro «nobile» ed il lavoro «ignobile», il lavoro «leggiero» ed il lavoro «pesante»: il primo sarebbe la cura dei piú ric- chi, mentre il secondo il carico dei piú poveri. Allora, non sarebbe piú la vocazione ed il gusto personale che determinerebbe l'uomo a dedicarsi ad un tal genere di attivitá piuttosto che ad un altro: sarebbe l'interesse, la speranza di guadagnare dippiú in questa che in quella professione. Rinascerebbe cosi la pigrizia e la diligenza, il mérito od il demerito, il bene ed il male, il vizio e la virtú, e per conseguenza il premio e la pena, la legge e il giudice, lo sbirro e la prigione. Infine diremo che é impossibile essere anarchista sen- za essere comunista. La sola idea della distribuzione de' prodotti a seconda de' meriti contiene giá in sé un germe di autoritarismo. Essa non potra manifestarsi senza ge- nerare immediatamente la legge, il giudice, il gendarme. Altra volta, tutti gli anarchisti ci dicevamo collettivi- sti, per distinguerci specialmente dai comunisti autorita- ri; ma in fondo noi eravamo né piú né meno che comu- nisti antiautoritari dicendoci collettivisti, noi professava- mo che tutto deve essere messo in comune, senza fare differenza tra i mezzi di lavoro ed i prodotti del lavoro. Un bel giorno vedemmo sorgere nel campo socialista una nuova scuola, che, risuscitando vecchi errori, co- minció a filosofare, a distinguere e a differenziare e fini per farsi propugnatrice di un collettivismo, che non era né il comunismo autoritario, né il comunismo anarchico. 70 Forse i promotori ebbero il lodevole pensiero di realiz- zare una sintesi, ma nel fatto non riuscirono che a for- mare un partito del centro, un giusto mezzo moderato, un eclettismo snervato. Essi ragionavano nel seguente modo: esistono valori d'uso e valori di produzione. I valori d'uso sonó quelli che noi impieghiamo a soddisfare i nostri bisogni perso- nali: la casa che abitiamo, i viveri che consumiamo, le vesti, i libri, ecc; mentre i valori di produzione sonó quelli dei quali ci serviamo per produrre: l'officina, le stalle, le rimesse, i magazzini, le macchine ed ogni sorta di strumenti di lavoro, il suolo, ecc: in una parola tutti i mezzi di lavoro, piú le materie di lavoro. I primi valori, che servono a soddisfare i bisogni dell'individuo, devo- no essere di attribuzione individúale, mentre i secondi, che servono a tutti per produrre, devono essere di attri- buzione collettiva. II ragionamento, per dir vero, ci sembra stracco; e di- mandiamo ai nostri awersari: voi che accordate il titolo di valori di produzione al carbone che serve ad alimen- tare la macchina, alfolio che serve ad ingrassarla, alia lucerna che rischiara l'officina, perché non volete conce- derlo eziandio al pane ed alia carne che mi alimentano, alfolio col quale condisco f insalata, alia lucerna che ri- schiara il mió gabinetto, a turto ció che serve, in una pa- rola, alio sviluppo della piú perfetta di tutte le macchine, del padre di tutte le macchine: fuomo? Voi classificate fra i valori di produzione la prateria e la stalla, che serve ai buoi ed ai cavalli e volete escluderne la casa ed il 71 giardino che serve al piú nobile di tutti gli animali, Tuo- mo? Come fate a stabilire una differenza, oggi stesso difficile, ma che diventa assolutamente impossibile quando il produttore ed il consumatore si confondono nella stessa persona? Non é certo questa teoria che poteva rinforzare i par- tigiani dell'attribuzione individúale de' prodotti del lavo- ro. Essa non ebbe per risultato che di gettare Tallarme fra gli anarchisti, i quali, temendo si volesse con essa at- tenuare la portata della rivendicazione rivoluzionaria, videro la necessitá urgente del dichiararsi francamente e recisamente comunisti. Messa fuori d'arcioni la scienza poco scientifica, sia- mo d'altra parte assaliti in nome della giustizia. - Non é giusto - ci si osserva - che colui il quale la- vora dippiú debba percepire quanto Taltro che lavora di meno ed al bisogno anche piú di lui, come si vorrebbe; l'attribuzione de' prodotti non deve esser fatta a seconda de' bisogni o della volontá dell'individuo, ma a seconda del suo mérito. - Ma come farete - rispondiamo noi - col lavoro col- lettivo della grande industria e con la tendenza sempre crescente nel lavoro moderno di servirsi del lavoro pas- sato, come farete a distinguere la parte che produce Tu- no dalla parte che produce Taltro? - Prenderemo per base dell'attribuzione de' prodotti Tora di lavoro. Calcoleremo quanto si produce in un'ora di lavoro medio o lavoro sociale e tanto attribuiremo ad ognuno per ogni ora del suo lavoro. 72 - Ma allora non ci venite piú a parlare in nome della giustizia! Voi non potete ignorare che il lavoro medio o lavoro sociale non si realizza che nella cooperazione, «per il capitalista che sfrutta collettivamente molti ope- rai» 52 nella societá presente e per la comunitá nella so- cietá awenire; non potete ignorare che «l'operaio isola- to, Pietro o Paolo, si scosta piú o meno dall'operaio me- dio» 53 ed allora a che si riduce la vostra pretesa giusti- zia? Né piú né meno che all'arbitrio ed all'ingiustizia. Un ultimo e disperato assalto ci vien fatto dai nostri awersari e questa volta in nome deH'opportunitá. - Col vostro comunismo - essi dicono - mancherá lo stimolo al lavoro, che noi conserviamo con l'attribuzio- ne individúale de' prodotti. Chi potra soddisfare tutti i suoi bisogni senza lavorare, non lavorerá di certo perché il lavoro é penoso. I sostenitori della classe capitalista non parlano altri- menti. Ma il primo risultato della nostra rivoluzione sará appunto quello di spogliare il lavoro da ogni pena. Pre- scindendo dalle molteplici cause che nella presente so- cietá rendono penoso il lavoro, le condizioni di miseria e di avvilimento in cui si trova il lavoratore, la necessitá di fare un lavoro contrario alia propria inclinazione o superiore alie proprie forze ecc, bisogna notare che la principale, la coazione, dovrá necessariamente scompa- 52 Marx, Le Capital, p. 141. In mancanza, vedi almeno il Compendio del Capitale per Cañero p. 35. 53 Marx, idem p. 140. In mancanza, vedi almeno il Compen- dio del Capitale per Cañero. 73 rire con tutte le altre. L'obbligo del lavoro imposto oggi all'individuo sotto la pénale della fame nella societá av- venire viene trasferito aH'umanitá intera. In conseguenza di ció, come giá abbiamo accennato, il lavoro cesserá di essere un bisogno estrinseco e diventerá un bisogno in- trínseco dell'individuo: cesserá, cioé, di essere l'articolo della legge umana della fame per conservare il solo po- sto di comandamento naturale d'igiene. Chi non lavora non mangia, dice la legge de' colletti- visti, che poi per eseguirsi ha bisogno dei birri: chi non lavora vive male e deperisce, dice il precetto igienico di quella legge naturale che noi vogliamo sola regolatrice. E impossibile violare un articolo della legge naturale, schivando la pena corrispondente da essa sanzionata. «La ginnastica é il movimento inutile che si fa in pena del movimento utile che non si é fatto» 54 . Oggi stesso, o per amore o per forza, non v'ha alcuno che stia nell'ina- zione. I gaudenti fanno movimenti inutili o movimenti che mirano all'oppressione ed alio sfruttamento de' sof- ferenti, é vero, ma fanno pur sempre un'azione. Ora il fine principale della nostra rivoluzione dev'essere ap- punto di togliere all'uomo ogni mezzo di fare movimenti inutili o dannosi aH'umanitá. Preclusa ogni altra strada all'attivitá física, morale e intellettuale e lasciata sola- mente libera quella dell'umana utilitá, la legge naturale avrá la sua piena applicazione: rendersi utile al proprio simile o deperire nell'inazione. E l'unico mezzo per 54 Adolf Vogt, prof. d'igiene all'Universitá di Boma. 74 chiudere tutte le vie dell'azione inutile o dannosa per l'u- manitá é il comunismo de' mezzi e delle materie di lavo- ro non solo, ma eziandio de' prodotti del lavoro: il co- munismo completo: il comunismo propriamente detto. Ogni sociabilitá ha i suoi speciali stimolanti dell'atti- vitá umana, propri del suo tempo; ed il volere adattare ad una quelli di un'altra é un assurdo grandissimo. I sti- molanti delle virtú guerriere dell'antichitá non saranno i stimolanti delle virtú guerresche del medioevo, come questi ultimi non potranno alia lor volta stimolare le vir- tú capitaliste della sociabilitá presente, e per conseguen- za é stoltezza il voler adottare «la sete dell'interesse» come stimolante di attivitá nella sociabilitá umana. L'interesse comune od umano sostituito dalla nostra rivoluzione all'interesse individúale sará necessariamen- te lo stimolante di un'attivitá utile a tutti, di un'attivitá eminentemente umana. Questa sconfinata attivitá sará la sola ampia palestra nella quale lotteranno gli esseri umani per le incruenti e nobili conquiste del buono, del bello, del grande. Attivandosi in lavori fisici ed intellettuali ad un tem- po, spesso svariati e molteplici, l'uomo guadagnerá in bontá física e morale: un corpo robusto e formoso, un'a- nima nobile ed umana. In lontane inesplorate regioni, fra popoli selvaggi, animoso correrá ad appagare la sua sete di grandezza, a raccogliere trofei, non piú di stermi- nio, ma di vera gloria umana. E se l'amore, che pur é tanta parte della vita, fu si possente stimolo di attivitá nelle civiltá passate, quanto mai piú lo sará nell'avveni- 75 re, che avrá il lavoro come solo campo delle sue conqui- ste? Attivarsi físicamente, intellettualmente e moralmente in pro dell'umanitá sará il solo lavoro possibile nella so- ciabilitá umana, che per bocea della legge naturale, sen- za giudizi e senza birri, dirá agli uomini: Volete vivere sani, forti e belli? Lavorate. Volete esse- re forti e buoni nello spirito? Lavorate. Volete appagare la vostra sete del bello e del grande? Lavorate. Volete conquistare l'affetto della donna amata? Lavorate. Non lavorerete? lo vi condanno inesorabilmente a ve- getare come bruti, fuggendo il consorzio degli uomini, per la loro favella, che voi non comprenderete, per i loro affetti, che voi non sentirete, per la loro generositá, che vi umilierá, per la loro grandezza, che vi schiaccerá! Ecco quale sará lo stimolante imposto dalla rivoluzio- ne all'attivitá umana nella societá awenire mediante il comunismo. Ma finalmente il nemico cede. I nostri awersari ci concedono che alia fine bisogna andaré al comunismo; ma poco a poco (é la loro malattia). E perché? Ve lo di- ranno essi stessi: - Anzitutto, perché non siamo persuasi che, almeno peí principio, non avremo una deficienza di prodotti; e secondo, perché col vostro comunismo fulminante voi darete ad ognuno il diritto di prendere a volontá, quando non ancora sará scomparso l'interesse individúale, quan- do non sará fatta ancora l'educazione di tutti per il lavo- ro, difetto al quale non si puó sopperire se non mante- 76 nendo ancora lo stimolo al lavoro, nel maggiore o mino- re guadagno che si puó da esso ritrarre. Cominciando dalla seconda obiezione, risponderemo che non é la nuova educazione che genererá il nuovo in- teresse, ma il nuovo interesse genererá la nuova educa- zione. Non ci é voluto niente di morale, niente di educa- tivo per far passare 1'uomo dall'antropofagia alia schia- vitú, nessuno sviluppo morale od educazione per farlo transitare dalla schiavitú alia servitú e parimenti dalla servitú al salariato. La rivoluzione ha trasformato gl'interessi, e, ricono- scendosi che conservare un uomo era piú utile che man- giarlo, é nata la schiavitu, nella stessa guisa che, ricono- sciutosi il lavoro dello schiavo meno profittevole del la- voro del colono asservito, é nata la servitú, e che piú tar- di, per la stessa ragione, é nato il salariato. Non é dunque un processo educativo che si richiede, ma la rivoluzione, che sola puó trasformare i presenti in- teressi di lotta tra uomo ed uomo, in interessi di lotta co- mune di tutti gli uomini, per la maggiore conquista ed il maggiore sfruttamento delle forze naturali a vantaggio della comunitá umana, che sola potra trasformare la pre- sente sociabilitá borghese in sociabilitá umana. II comu- nismo trasformando l'interesse privato in interesse pub- blico e viceversa sará il solo possibile, reale ed efficace educatore del popólo. L'individualismo ermafrodito preconizzato dai collet- tivisti, lungi daH'awiarci al comunismo, sarebbe il vero punto di partenza della controrivoluzione per ritornare 77 aH'individualismo bello e buono. E follia il credere che nel sistema dell'attribuzione individúale de' prodotti, quando comincerá l'esuberanza di produzione, ognuno rinuncerá spontaneamente, nella sua spettanza, al dippiú non richiesto da' suoi bisogni a vantaggio della colletti- vitá e che da questa accumulazione di produzione ne po- tra seguiré il comunismo finale. No, nessuno rinuncerá alia menoma parte della sua attribuzione, per quanto grande essa sia, sino a che vi sará l'attribuzione indivi- dúale de' prodotti del lavoro, sino a che si potra essere piú ricco, o piú povero. Al contrario, i piú ricchi saranno fatalmente spinti a desiderare maggiori ricchezze; e con- seguiranno il loro scopo non solo con le maggiori attitu- dini d'ingegno e di abilitá, che in essi svilupperá natural- mente il principio di lotta, fatta ancora tra uomo ed uomo, ma eziandio e soprattutto lo conseguiranno con l'inganno, la frode e tutte le altre male arti, che possonsi adoperare da uomini sospinti fatalmente da circostanze reazionarie alia controrivoluzione. E l'umanitá vedrá an- cora una volta uomini, che, nella lodevole idea di assi- curare le conquiste della rivoluzione, commetteranno l'errore di arréstame il suo corso e finiranno per tradire essi stessi quella rivoluzione che si proponevano serviré. Infine, se dopo tutte le cose dette sull'aumento di pro- duzione nella societá futura, v'ha ancora chi ne dubitas- se, almeno peí principio, noi diremo che anche quando si fosse obbligati al razionamento bisognerebbe sempre farlo a seconda dei bisogni e non mai a seconda dei me- riti. 78 La pubblica calamita non deve essere pretesto d'in- giustizie; il suo peso deve essere sopportato da tutti, in ragione diretta, e giammai in ragione inversa delle forze di ciascuno; né piú né meno che avviene generalmente nella famiglia dell'operaio. II padre porta a casa cinque lire al giorno, il figlio piú grande due o tre ed il ragazzo una lira sola. La madre tiene la casa e prepara il desinare. A tavola ognuno pren- de a volontá; e quelli che mangiano dippiú sonó appunto quelli che portano meno. Ma vengono giorni piú duri in cui il lavoro manca, e il desinare diventa, per conse- guenza, piuttosto scarso. Non si puó piú fare a fidanza con l'appetito ed il gusto di ciascuno e si viene al razio - namento. Ma védete, questa ripartizione non si fa a se- conda de' meriti: il ragazzo, che porta meno di tutti, prende la parte piú grossa e la vecchia che non porta nulla ha la parte migliore. Nella famiglia, dunque, la sventura comune si sopporta da ciascuno a seconda del- le sue forze e non la si fa pesare dippiú su quelli appun- to che hanno diritto a risentirla tanto meno per quanto sonó piú deboli. Potra essere altrimenti nella grande fa- miglia umana dell'awenire? In conclusione, noi possiamo e dobbiamo essere co- munisti, perché i prodotti non mancheranno, perché nel comunismo realizzeremo la vera eguaglianza, perché il popólo, che non comprende il sofisma collettivista, comprende perfettamente il comunismo, perché infine noi siamo anarchisti e ché l'anarchia ed il comunismo sonó i due termini necessari della rivoluzione. 79 * * * Cario Pisacane riassumerá degnamente il nostro idéa- le rivoluzionario: «Quale sarebbe il tipo idéale d'una societá perfetta? Quella in cui ciascuno fosse nel pieno godimento de' propri diritti, che potesse raggiungere il massimo svilup- po di cui sonó suscettibili le proprie facoltá fisiche e morali e giovarsi di esse senza la necessitá o d'umiliarsi innanzi al suo simile o di sopraffarlo; quella societá in- somma in cui la liberta non turbasse l'eguaglianza; quel- la in cui in ogni uomo il sentimento fosse d'accordo con la ragione, e in cui niuno fosse costretto di operare con- tro i dettati di questo, o soffocare gl'impulsi di quello. In tal caso l'uomo manifesterebbe la vita in tutta la sua pie- nezza e pero potrebbe dirsi perfetto» 55 «Liberta ed eguaglianza sonó i cardini su cui deve poggiare l'umana felicita» 56 . 55 Saggio sulla Rivoluzione pag. 6. 56 Saggio sulla Rivoluzione pag. 165. 80 DAL MANOSCRITTO "RIVOLUZIONE": LA PROPAGANDA DEL FATTO 81 Tutti siamo d'accordo sulla necessitá della propagan- da rivoluzionaria, ma bisogna ben distinguere la propa- ganda astratta dell'idea, che si fa coi libri, coi giornali e coi discorsi, dalla propaganda reale dei fatti, la quale, pur richiedendo la cooperazione degli scritti e della pa- rola, differisce essenzialmente dalla prima, nella sua ra- dice, perché fondata sulla posizione di fatto in cui si tro- va il popólo, ed in turto il suo sviluppo, perché la sua es- senziale manifestazione é il fatto, l'azione materiale, sola capace di provocare altri fatti. Nel primo caso, l'i- dea é il principale, é la causa, ed il fatto é l'accessorio, la conseguenza; nel secondo caso invece, il principale o la causa é il fatto, e l'idea non é che la conseguenza. Sonó due sistemi diametralmente opposti. «II fumo di Parigi forma le idee del mondo!» esclamó un giorno il poeta 57 , ignorando sino a qual punto doves- se questa volta trovarsi profeta. La critica anglosassone grave e sennata, tra un boccale e l'altro di birra, rise di cuore del paradosso gallico; ma il riso si ghiacció sulle sue labbra, quando esterrefatta rimiró l'eroica cittá, ab- battere con le sue proprie mani i bronzi delle sue barba- riche glorie, e prima, tra le fiamme, offrirsi vittima su- blime di una nuova idea, banditrice ai popoli di novella 57 Vittor Hugo. 82 civiltá. L'awenimento della Comune impiantó il socialismo militante in tutti i paesi civili, e la sospirata meta lonta- na del propagandista fu in un solo istante raggiunta dal vivido lampo de' fatti. Che cosa sarebbe oggi l'Internazionale senza la Co- mune? Ció che sarebbe stato il nihilismo senza il terro- re, il cristianesimo senza la strage del Golgota: tre oscu- re sette di piú sulla térra. In Italia, i tentativi servono d'introduzione alio studio del libro di Marx; dopo i fatti di Benevento, un libraio di Napoli é obbligato a farne venire molte copie per soddi- sfare le richieste; e non sappiamo se, compendiando quell'opera in italiano, si giovasse alia sua pubblicitá piú che partecipando ai tentativi. Non solo dunque le idee nascono dai fatti, ma hanno eziandio bisogno de' fatti per svilupparsi, sino al punto di poter animare altri fatti. Ció non pertanto la cooperazione degli scritti e della parola é pur necessaria ai fatti, come abbiamo giá detto. Narrare i fatti, esaminarli, criticarli, collegarli fra loro e dimostrare il loro nesso o concetto ispiratore, é il mezzo necessario per farli valere. Oltre a che l'esame delle con- dizioni sociali, la loro critica e la formulazione delle aspirazioni popolari richiedono l'uso della parola e degli scritti, come l'azione richiede l'uso delle armi. Ma tutto il parlare e lo scrivere del propagandista rivoluzionario deve sempre avere per punto di partenza un fatto, e per punto di mira un altro fatto; recandosi dal primo al se- 83 condo punto sempre per la via pedestre della realtá, sen- za farsi mai sviare dall'erudizione, dal sofisma, o dalla vigliaccheria consigliera deH'ipocrisia. L'uomo che soffre comprende sempre meglio di chi si sia le parole, i fatti e fino il piú piccolo gesto di chi sof- fre come lui. Se un misero scorge altri miseri infuriati dar mano ai sassi, tostó esclamerá : Eccoli che vogliono lapidare i loro padroni! No, verrá fuori invece a dirci un dottrinario, un sofista od un ipocrita, cosi non vogliono far del male a nessuno, e ci dimostrerá, per A + B = C, che quei miseri non possono avere altro scopo coi loro sassi che di arricchire la civiltá con un nuovo monumen- to architettonico. Quante strane interpretazioni della Comune non ci ha dato l'erudizione, il sofismo e l'ipocrisia? I sofferenti in- vece, cui da lontano colpiva quel subitáneo bagliore ed il rimbombo di quel nome, semplici e schietti ne' loro giudizi, non ebbero che una parola sola: Comunismo. Cosi interpretavano la Comune alcuni contadini calabre- si, che ne avevano coito a voló qualche esclamazione di terrore sulla bocea dei loro padroni: cosi l'abbiamo noi stessi sentita spiegare le tante volte da uomini del popó- lo dell'Italia meridionale. L'interpretazione del popólo é sempre la piú vera in tali casi, perché egli, con la sicura scorta del suo sentimento, non si lascia sviare dai fatti e dai personaggi secondarii, che ai dottrinarii, ai sofisti od ai timorati sembrano principali, ma riconosce súbito il vero agente principale, la vera forza motrice. Nell'avve- nimento della Comune, la contesa dei cannoni, le elezio- 84 ni, il principio federalista, ecc., sonó tutti accessorii che non giungono a sviare il giudizio del popólo; il quale non vede che oppressi come lui in rivolta contro i loro oppressori per emanciparsi, e spiega il fatto con una pa- rola, che, a suo giudizio, esprime il vero mezzo di emancipazione. Nella stessa guisa, il popólo ammira i nihilisti, e li sti- ma come i migliori rivoluzionari, perché vogliono di- struggere tutto; arriva invece il dottrinario il sofista od il timorato, e comincia a fare sulla parola nihilista una run- ga dissertazione filológica, filosófica e storica: ci parla del Comitato esecutivo, del partito popolare, dei diversi circoli, ecc. ecc. e dopo aver tutto differenziato, distinto, diviso e suddiviso, conclude per provarci, come sempre per A + B = C, che nihilisti non ve ne sonó piú. Intanto il popólo, che l'ha ascoltato a bocea aperta senza nulla comprendere, senté scoppiare la bomba che ammazza l'imperatore, ed in massa grida: Viva i nihilisti. Ed ha ra- gione; il suo giudizio é molto piú retto di quello del dot- trinario, del sofista o del timorato. II popólo non vede che un fatto: in Russia v'ha un immenso popólo di op- pressi, che soffre di quanti mai dolori si possa soffrire al mondo; i ribelli di questa oppressione li chiamano nihi- listi, e da veri nihilisti agiscono attaccando colle armi ed ammazzando i loro oppressori : viva, dunque, i nihilisti! II popólo puó difettare talvolta nella forma, ma i dot- trinarii, i sofisti e i timorati difettano sempre nel pensie- ro stesso. II primo, sotto una forma scorretta, esprime un giudizio molto piú giusto che i secondi sotto una forma 85 correttissima. II pensiero piú esatto secondo la filología, la filosofía e la storia, puol'essere talvolta assolutamente falso, perché spesso la veritá trovasi neU'intrinseco e non nell'estrinseco, trovasi cioé non in ció ch'é stato, ma in ció che avrebbe dovuto essere, non nel trionfo mate- riale o palese, ma nel trionfo morale o nascosto. Come, in tali casi, riconosceremo la veritá rivoluzio- naria, per propagarla? Alia scorta del sentimento e del pensiero popolare, di- venuto sentimento e pensiero nostro seguendo attenta- mente e senza interruzioni i corsi dell'unico professore di filosofía rivoluzionaria: il popólo. Sapremo cosi par- lare il suo linguaggio e formulare le sue aspirazioni, per compiere efficace propaganda con la parola e con gli scritti. In altri termini, chi parla o scrive per la propa- ganda rivoluzionaria, deve considerarsi né piú né meno che come un apparecchio da fontana, destinato a far zampillare il piú alto possibile quell'acqua che gli é somministrata dal popólo, e che é destinata a ritornare al popólo stesso. Se tale sará l'acqua, vera fontana mirabile potra dirsi questa, alia quale verrá a dissetarsi la gioventú assetata d'ideale, cui principalmente é destinata questa propagan- da scritta od órale. La massa popolare, pur ammettendo che sappia leggere, e che abbia tempo e volontá di leg- gere, in genérale non si lascia convincere dalle parole, ma solamente dai fatti. «La propaganda di cui discorremmo elabora, fra un numero ragguardevole di giovani, la conoscenza de' di- 86 ritti che ad ogni uomo accorda la natura; e codesti gio- vani, appena il popólo, sotto la sferza del dolore, si pre- cipita nel moto, e dubbioso non sa ove dirigere gli attac- chi e come coloriré i desiderii, facendosi tutti oratori di circostanza, dureranno pochissima fatica a far loro com- prendere quello che in un secólo di calma ed in mille volumi non avrebbero mai appreso da' dottrinanti. Non giá la profonda dottrina richiedesi in cotesti oratori, ma forza di carattere che non li faccia retrocederé di fronte alie conseguenze ignote de' principii da essi propugnati. Guai se essi si accostano alia spregevole schiera de' cosi detti moderati. Discendere alia benché minima transa- zione é un rinnegare la rivoluzione. Quando non mirasi al trionfo d'una setta, o d'una classe di cittadini, il mezzo termine, qualunque esso sia tronca i nervi della rivolu- zione e la uccide ». Moderazione é limitazione, riduzione, diminuzione, transazione. «La moderazione da niuna difesa a chi osa; l'opinione pubblica pronta a favorire colui il quale con piú ardire muove i suoi attacchi, quindi libero, franco, appassiona- to il diré». Giustissimo é il precetto di Pisacane, poiché vediamo ogni giorno, come tutta la moderazione di quei socialisti che la pretendono od uomini pratici e sennati, ad altro non approda che ad alienar loro la fiducia e la stima di tutti i rivoluzionarii, senza guadagnare quella degli ab- bienti. Coi loro programmi mínimum, prodotto di ben scarsa fede, non spaventano meno di noi i sostenitori 87 dell'ordine presente, ma si rendono incomprensibili e di- sgustevoli al popólo, che non vi trova la verace espres- sione delle sue aspirazioni. Da alcuni si pretesta che, pur volendo usare i nostri stessi mezzi, si respingono le nostre parole per non spa- ventare le masse; quelle masse le quali di quanto s'é fin qui detto e scritto dai socialisti, altro non hanno compre- so e ritenuto che quel poco appunto che vi hanno trovato di spaventevole. Per esempio, di quanto é stato scritto sulla proprietá, siamo ben lungi dal volere attribuire il primato a Proud- hon; ma nel suo libro trovasi un'espressione, che senza possedere un portentoso valore scientifico, ha avuto il mérito di spaventare tutti gli abbienti della térra, per la stessa ragione che é stata compresa, accettata e ritenuta dal popólo. La proprietá é un furto! Quanto cammino non ha fatto questo grido! Quante e quali meditazioni non ha provocato nel popólo! Quanta e quale azione non gli ha ispirato! Ma, pur ammettendo che fra le masse vi possano es- sere de' timorati, capaci di spaventarsi delle nostre paro- le, affrettiamoci a spaventarli oggi coi nostri detti, se vo- gliamo averli domani, nei fatti, non spaventati contro di noi, ma con noi spavento del comune nemico. Diminuiré, ridurre o limitare il proprio programma, significa parlamentare, transigere col nemico, ripiegare la propria bandiera, ingannare il popólo, rinnegare la ri- voluzione. Con questi programmi, infatti, s'inganna il popólo tacendogli il fine prossimo ed il fine remoto del- 88 la nostra rivoluzione, nascondendogli lo schietto idéale ultimo, come il primo e vero passo a fare verso di esso: veri programmi di mezzo termine, mancano di principio e fine. Esponemmo giá qual fosse il fine ultimo della nostra rivoluzione; tratteremo ora del principio di essa o fine immediato. Riguardo alia propaganda, concludiamo che la nostra é quella dell'azione coadiuvata dalla parola e dagli scrit- ti: quella de' fatti collegati, analizzati, sintetizzati dagli scritti e dalla parola. 89 DAI QUADERNI "DE OMNIBUS REBUS" 90 I. Dialogo fra Crepafame e Succhiasangue L'operaio ha fatto tutto; e l'operaio puó distruggere tutto, perché puó tutto rifare. Un lavoratore italiano Vedemmo il ñmzionamento genérale del principio di lotta neU'umanitá: qui assisteremo al singolare certame fra il lavoro e il capitale. E giorno di mercato e tra la folla dei venditori e dei compratori scorgiamo un uomo di nostra conoscenza, un uomo conosciuto nel suo villaggio col nome di Crepafa- me. Egli non é qui venuto certamente per comprare; e quanto a venderé, non ha che le sue braccia. Ecco un individuo di aspetto molto decente che gli si awicina. Ah é il signor Succhiasangue, quel fallito che un'ereditá ha testé salvato dalla miseria. Appressiamoci, e sentiamo un po' di che si tratta. Succhiasangue: Ehi bravuomo, siete disposto ad im- 58 Questo scritto di Cañero figura in apertura del primo qua- derno De ómnibus rebus col tito lo «Capitolo secondo. Lavoro e capitale» e con la seguente nota: «Vedi // Capitale di Cario Marx, brevemente compendiato da Cario Cafiero : questo capitolo ne é un riassunto». Cafiero si proponeva dunque con questo scrit- to di volgarizzare il Compendio in una forma ancora piú accessi- bile, grazie a dialoghi, scenette etc. II manoscritto, dopo la parte qui riportata, si spezza in una serie di rimandi al Compendio e brevi appunti, dai quali si desume che l'autore si proponeva di parlare nel secondo atto del «dramma» della divisione dei lavoro e nel terzo delle macchine e della grande industria. 91 piegarvi? Crepafame: Pronto al vostro servizio signore. Succhiasangue: Che prezzo volete per la vostra gior- nata? Crepafame: Cinque franchi, signore. Succhiasangue: E troppo, caro mió, ve ne offro tre. Crepafame: Ma, signore, come si fa a vivere con tre franchi al giorno? Succhiasangue: Potete vivere perfettamente. II prezzo che vi offro é proprio quanto ci vuole per mantener voi e la vostra famiglia; questo é oggi l'esatto prezzo della forza di lavoro che voi mi véndete, e voi non potete pre- tendere per la vostra merce piú di quanto essa vale, piú di quanto dimandano gli altri. lo del resto, non sonó uso a stiracchiare per defraudare la mercede all'operaio. Se volete venire per tre franchi é bene, altrimenti mi prov- vederó altrove. Crepafame: Ma, signore, osservate che col mió lavoro io vi produrró piú di cinque franchi al giorno. Succhiasangue: Ah! eccoci alie solite storie. Voialtri operai volete sempre immischiarvi nei fatti che non vi riguardano, nelle cose che non capite punto. Che diritto avete voi di venire a vedere che uso faro io della vostra forza di lavoro? Voi mi véndete la vostra merce, io ve la pago al suo giusto prezzo, e non avró il diritto di farne Tuso che mi pare? Viene forse il droghiere a vedere che uso faro io dello zucchero e del pepe che ho comprato nella sua bottega? Si, si, io lucreró sull'uso della vostra forza di lavoro; ma quando vi lucrassi un milione voi 92 non avreste niente a vederci. Oh bella! Ma credete ch'io voglia impiegarvi pei vostri begli occhi? Certamente che profitteró sull'uso della merce che compro da voi; é per questo appunto che voglio comprarla. Si sa che la forza di lavoro rende piú di quanto costa; ed é appunto per ció che il capitalista la cerca e che voi tróvate il vo- stro posto nell'armonia degli interessi... Via ché vado io perdendo il tempo per spiegare a voi queste cose?... Se accettate bene, se no, cerco un altro. Crepafame: Si si, accetto, signore. Ditemi do ve devo recarmi e sonó al vostro servizio. Succhiasangue: Bene, seguitemi. «L'uomo del denaro prende la precedenza, e, in quali- tá di capitalista, comincia per il primo; il possessore del- la forza di lavoro gli tiene dietro come lavoratore che gli appartiene: quegli, dallo sguardo furbo e dall'aspetto al- tero ed affaccendato; questi, timido, esitante, restio, come chi, avendo portato la propria pelle al mercato, non puó aspettarsi ormai che una sola cosa: essere con- ciato». 59 Tale é il prologo del nostro dramma. Passiamo ora al primo atto: la giornata di lavoro. E scorso un anno. Ci troviamo nell'opificio del signor Succhiasangue. Una grande quantitá di operai sonó occupati al lavo- ro: tutti in silenzio ed ordinati come se fossero tanti sol- dati. Né vi mancano sorveglianti ed ispettori che a guisa 59 Marx, Le Capital, p. 75 93 di ufficiali passeggiano fra i ranghi, tutto osservando, dando ordini, e sorvegliandone la fedele esecuzione. Del capitalista non se ne vede neppur l'ombra. Si apre una porta a vetri che mette neU'interno; forse sará lui: vedia- mo. E un grave personaggio, ma non é il signor Suc- chiasangue. I sorveglianti gli si fanno premurosamente intorno, e ricevono con la massima attenzione i suoi or- dini. Odesi il suono di un campanello elettrico; uno dei sorveglianti corre ad applicare il suo orecchio alia bocea di un tubo di metallo che dalla volta scende lungo il muro; e viene tostó ad annunziare al signor direttore che il padrone lo chiama presso di lui a conferenza. Cerchiamo Crepafame nella folla degli operai; e fi- nalmente ci viene fatto trovarlo in un angolo, tutto dedi- to al lavoro. Egli é divenuto scarno e pallido in volto: sulla sua faccia si legge un profondo pensiero di tristez- za. Un anno fa lo vedemmo sul mercato contrattare la sua forza di lavoro col signor Succhiasangue; quanto é gran- de oggi la distanza fra loro! Oggi é un operaio perduto nella folla dei molti che popolano l'opificio, e oppresso da una giornata di lavoro straordinariamente lunga; mentre il signor Succhiasangue, divenuto grosso capita- lista, se ne sta come un dio nell'alto del suo Olimpo, da dove manda gli ordini al suo popólo attraverso una schiera d'intermediarii. 94 II. Lettera alia redazione del giornale Libertas 60 Lugano, 14 gennaio 1881 Agli egregi redattori del giornale Libertas-Rimini: Guerra agli oppressori e pace agli uomini di buona volontá. E per noi, oggi uomini di buona volontá sonó coloro che si coricano la sera «colla speranza di fare le fucilate domani», come diceva testé un bravo corrispon- dente del Dovere di Roma. Permettetemi, cittadini redattori, di diré una parola sui tristi fati che hanno contristato ai giorni scorsi tutti gli uomini di buona volontá, dando pretesti ai gazzettieri a tanto la linea di diré che turto ció che é awenuto in Romagna si riduce a risse fra repubblicani e socialisti. E ora di farla finita; non é piú tempo questo di teoriz- zare a colpi di coltello innanzi al comune nemico che Tuno dopo l'altro minaccia di spegnerci tutti. Queste sonó veré lotte fratricide, delittuose, alia vigilia della battaglia. E chi non vede che la pugna é imminente? Chi non senté, in Italia, che la misura é colma, e solo una 60 Minuta, dal quaderno De ómnibus rebus. I. Questa lettera del Cañero fu scritta dopo una serie di sangui- nosi conflitti fra internazionalisti e repubblicani in Romagna. Della lettera vennero pubblicati solo brevi brani su Libertas del 23 gennaio 1881, con l'avvertenza che il documento non era dato per intero perché «la veritá non puó dirsi dove c'é un fisco regale castrapensieri». 95 goccia aspetta per traboccare? E per ben altri che in quest'ora devono condensarsi le nostre iré; é per ben altri che dobbiamo affilare le nostre armi. Tutti gli uomini di buona volontá oggi sonó riuniti na- turalmente dalla forza delle cose sotto un grande vessil- lo sul quale é scritto: scatenamento del popólo - Liber- tas - e repubblicana o socialista che sia la nostra origine noi siamo oggi fratelli. Fratelli nella pugna che combatteremo insieme: fra- telli nei pericoli che divideremo; fratelli nella morte che forse ci coglierá allato. Lungi da noi vada solamente la gente cómoda pacifi- ca e sentimentale, i rivoluzionari che vogliono andaré a Roma coi mezzi morali, gli evoluzionisti, gli uomini del ponte e dei placidi tramonti, si dican puré repubblicani e socialisti e persino anarchisti. I figli di Mazzini e di Maurizio Quadrio ed i figli di Bakunin e di Cario Pisacane devono in quest'ora solenne tenersi la destra nella destra, e la sinistra sulla canna del fucile. Salute e Rivoluzione Cario Cañero 96 III. Lettera alia redazione del giornale II Moto 61 Lugano, 1 febbraio 1881 Al cittadino Franco Baldi Redazione del giornale 7/ Moto. Imola II cittadino Rito Balducci ci manda da Forli una sche- da sulla quale si legge: I sottoscritti, socialisti italiani, dichiarano di aderire al Comizio peí Suffragio universale, che avrá luogo in Roma, e di considerare la loro partecipazione a quel Comizio e a tutto ció che avrá per oggetto l'ottenimento del Suffragio medesimo, come un mezzo di agitazione e di lotta contro le attuali istituzioni economiche e politi- che e come il principio di un'agitazione piú vasta e fe- conda che metiera capo alia trasformazione piena ed infera delle condizioni stesse della vita sociale. Balducci ci dice di spedire al vostro indirizzo la sche- da da noi firmata, se lo crediamo. Ecco quanto abbiamo a rispondere in proposito. 61 Minuta, dal quaderno De ómnibus rebus. I. Nel dossier é anche conservata una bella copia della stessa lettera, sempre di mano del Cañero (é da questa che riprendiamo il testo qui pubbli- cato). La lettera non risulta pubblicata su II Moto di Imola e non si é certi che sia stata effettivamente spedita. 97 Noi delegammo il compagno Cario Cañero a rappre- sentarci al Comizio di Roma. Quale fosse il mandato che gli affidammo ve lo dirá la seguente dichiarazione Lugano, 25 gennaio 1881 Pariendo per Roma qual rappresentante dei Figli del lavoro di Torino e dei rivoluzionari italiani rifugiati a Lugano, al Comizio dei Comizi, lascio nelle moni dei miei amici la presente dichiarazione, onde se ne servi- no, nel caso io venga arrestato in Italia, per rispondere, anche per la stampa a tutti coloro che potessero scorge- re, in questo mió atto, la menoma inconseguenza o tran- sazione con la mia fede di rivoluzionario anarchico. II comizio di Roma é convocato per la questione del Suffragio universale ma ognuno sa, e molti apertamente dicono, che tirando al Suffragio universale si vuol col- pire la Costituente. Ora costituente vuol diré alterazio- ne delVordine presente, ma siccome quest'ordine é ga- rantito dalla forza dello Stato, ne segué che la traduzio- ne piü lógica e naturale della parola Costituente é in questo caso: esplosione di forza rivoluzionaria. Per quanto anarchico e comunista sia il fine che la rivoluzione si propone conseguiré, egli é chiaro che il suo esordio altro non puó essere che un' esplosione di forza rivoluzionaria diretta contro Vordine presente. In conseguenza di che io sentó il dovere di trovarmi a Roma, come spero potermi sempre trovare in qualsiasi altro luogo sorga la possibilitá di una esplosione rivo- 98 luzionaria. Nel comizio non prendero la menoma parte alia di- scussione: ci vado solamente per trovarmi all'azione che ne puó seguiré. La massima parte degli elementi che la possono pro- durre una conflagrazione non sonó socialisti, né forse lo diverranno mai. Essi sonó invasi dall'idea repubbli- cana, che per non pochi di loro forma una vera fede. Sonó gli uomini di fede che provocano le esplosioni. La mia parola - per quanto anarchica - non potrebbe che diminuiré la violenza repubblicana e sarebbe incapace di creare una violenza socialista, V ambiente essendo borghese. lo dunque mi taceró, e da buon soldato della rivolu- zione, aspetteró l'arma al piede ilsegno delVattacco. Riassumo il mió compito: 1) Lungi dalVimbarazzare, facilitare che una scintilla repubblicana caschi sulla polvere. 2) Se il fuoco prende soffiarvi dentro con tutte le mié forze, onde fargli prendere le proporzioni le piü gigan- tesche. Cario Cañero Quale fosse il risultato della missione del nostro rap- presentante ve lo dirá l'altra dichiarazione che segué: Al Presidente del Comizio peí suffragio universale in Roma. 99 77 Comizio del 27 gennaio rimandato al 10 febbraio, é uno spregio fatto al popólo convocato, e noi, d'accor- do col nostro mandato, ci ritiriamo protestando. Patrocinare il suffragio universale peí suffragio uni- versale non fu e non sará mai il nostro intento. Col suffragio universale si parló di Costituente, ed in tali termini da poterci fare giustamente credere che fos- se arrivata finalmente l'ora della liquidazione, almeno della monarchia. Soldati della rivoluzione, noi rispondemmo a que- st'appello che scambiammo per quello della liberta. C'ingannammo. II Comizio sará un voto pacifico peí suffragio univer- sale, che allontana sempre piü il giorno della liberta per Vitalia, senza tener contó del solo mezzo impiegato dai popoli per liberarsi dalla schiavitú: la rivolta. Amilcare Cipriani, rappresentante le sezioni rivoluzionarie di Parigi e Gi- nevra, dell'associazione internazionale dei lavoratori, regione italiana, federazione florentina, e del Circolo rivoluzionario anarchico, regione véneta, sezione di Pa- dova. Cario Cafiero, rappresentante il Circolo di studi sociali di Torino e dei rivoluzionari rifugiati a Lugano. Roma, 28 gennaio 1881 Da tutto ció vi sará facile comprendere che cosa noi 100 pensiamo della vostra sottoscrizione. Florido Matteucci - Cario Cañero - Gaetano Grassi - Egisto Marzoli - Leopoldo Grilli. 101 INDICE Presentazione Introduzione Anarchia e comunismo La propaganda del fatto Dai quaderni «De ómnibus rebus» 102